martedì 19 giugno 2007

Fifteen minutes to go... (III)

Oggi è un altro giorno, la sveglia normale, il sonno non c’e’ stato, i motivi li conosco. Agitazione da pensieri negativi, caldo non hanno certo contribuito alla mia ormai perenne insonnia. Non ho le gocce per dormire e anche questo non mi ha aiutato. In più come se non bastasse, il dolore al fianco, che mi attanaglia ormai da venti giorni, si sta acutizzando. Non ho intenzione di andare dal medico a casa, figuriamoci qui.

Ieri sera sono entrato in uno spaccio. La merce disposta con ordine su scaffali da cantina, era varia. A parte detersivi, lamette, acqua, patatine, due cose mi hanno colpito tantissimo. Il quantitativo di gomme da masticare Daygum e i pupazzetti di peluche.

Le ChewingGum di tre o quattro gusti disposti in ordine vicino la ‘cassa’ ricoprono almeno un metro quadro di bancone. Tale abbondanza è forse giustificata da due motivi. Il primo per enfatizzare l’igiene orale, l’altra per far scaricare forse un po’ di tensione con la masticazione.

I pupazzetti di peluche sono sicuramente da riportare come presente quando si torna a casa, magari alla ragazza, o all’amica del cuore. Speriamo che questa parte dello store, venga svuotata.
Do ragione pianamente ad una amica che dice che quando ti fai la doccia, dopo sembri piu' sporco di prima, non è per l'acqua, che sembra apposto, ma è per la durata. Infatti abituato ai miei quaranta minuti, qui te ne devono bastare tre.

Ora è arrivato il momento di andare. Crema protettiva, telefono Sat, cappello, occhiali da sole, una borraccia.

Tornerò per scrivere. Ne sono sicuro.

Eccomi qui.

Ricco dentro, infelice dentro, stanco fisicamente. Sorridente fuori.

Non siamo usciti, da dove siamo entrati l’altro giorno di notte. Anche stavolta in totale tre autoveicoli, noi al centro… Stavolta non si corre, a parte qualche tratto considerato, con qualche parametro statistico o informativo, l’andatura è stata lenta.

La povertà e la sporcizia, sono regine in questo posto. Il paesaggio è color seppia. Case basse, con mattoni argillosi scrostati dall’escursione termica, non hanno manutenzione alcuna… devono sopravvivere qui, figuriamoci se pensano agli intonaci. Le persone sono coperte da lunghi lenzuoli bianchi, lo straniero spicca subito, i bambini giocano, fanno i loro bisogni all’aria aperta, le donne, se sono donne, sono celate da abiti scuri come in un lutto perenne.

Siamo arrivati ad un variopinto mercato, parte da una piazza, poi si districa e si ripartisce in viuzze simili che caratterizzano quartieri di Napoli. Disordine, rumore e capacità di adattamento, spicca in maniera plateale. Sembra un PortaPortese, la domenica mattina, solo che le ‘bancarelle’ sono molto meno fornite. Qualche pollo pende, appeso per le zampe. Legumi e cibi a me sconosciuti, vengono venduti e pesati con delle strane bilance. Le stoffe colorate con metodi naturali, con colorazioni tendenti all’indaco accendono di colore il paesaggio tumultuoso seppiato. Abbiamo un interprete con noi, sembra sia la prassi. Infatti gli usi e costumi degli occidentali, possono essere fraintesi e l’interprete serve anche a questo, appianare questo gap. Le mercanzie esposte sulle bancarelle hanno la loro ombra grazie a dei tendaggi color bianco sporco, i quali si muovono con ritmi ondosi grazie alla brezza termica generata da questo calore asfittico. Questi sono i mercanti ricchi. Man mano che si va avanti in questo bazar di merci e di etnie, dove vieni scrutato furtivamente da occhi che sembrano olive nere, si diradano i banchi, ed è qui che donne, sedute per terra, come stessero facendo elemosina, espongono i loro poveri beni. Qualche statuina intarsiata nel legno, scatolette di varia misura, ciondoli artigianali di dubbio gusto, con fattezze mai invocanti la religione. Strano eppure è il loro credo principale, danno la vita per la religione, li conduce, li influenza nelle scelte semplici e importanti. Probabilmente sono attorniato da simboli iconoclastici ma sono realmente ignorante in proposito, non li conosco e quindi per me non ci sono. Una cosa è certa, seguendo gli insegnamenti e il dubbio operato perpetuato nei secoli della religione cattolica, parecchi di noi occidentali considerano, ad estremo torto, il loro Loro Profeta, poco più di un santone.

Pensando anche qui, come nella breve ‘gita’ nella Cina pechinese, mi fa impressione la ricchezza che abbiamo nelle nostre case. Un’immagine che contrasta fermamente con tutto ciò che ho scritto finora è la presenza del telefonino. Da tonache colorate spuntano fuori nokia e samsung, certo non proprio gli ultimissimi modelli, ma ci sono. Per l’occidente fermare su una fotografia un immagine simile, in questo contesto, a tratti medioevale, potrebbe sembrare una perla, un qualcosa di unico. Credetemi non è cosi. Mi viene da pensare al tipo che gira in Ferrari dalle mie parti, ma ha casa in affitto e va al discount per fare la spesa. (se la fa).

Vorrei, desidero ardentemente una SIM del luogo, ma non abbiamo tempo per comprarla. (Pensate che banalità… desidero una SIM!)

Il trasporto della mercanzia dei commercianti che si dirigono verso le loro destinazioni identifica il loro status sociale. Taluni con automezzi che farebbero ribrezzo anche allo sfasciacarrozze più brutto, biciclette con sopra fino a tre persone, mi sono passate lentamente davanti, altri con bastoni che fanno da braccio della bilancia di cesti alle estremità, altri ancora con cesti adagiati sul capo con un straccio come base.

Qualche camion dalle alte ruote e qualche jeep russa, rimessa a posto chissà quante volte passa per queste strade incurante della polvere che alza e della gente stazionaria sui cigli di queste carreggiate naturali, non di certo progettate da un urbanista attento.

I mezzi pubblici, sono dei pulmans con o senza vetri, non danno l’idea del comfort, qualcuno celeste e bianco, altri di altri colori sbiaditi, senza paraurti. Non credo siano sufficienti per trasportare i tre milioni di persone che mi dicono esserci in questa città.

Parte di questa città è arroccata sulla costa di una montagnetta, le case marroni e beige sono senza finestre, non dico senza aperture, ma proprio senza vetri, o infissi. Non oso chiedere, probabilmente sarà una parte abbandonata. Non è però tutto seppia ora, qualche palazzo esiste anche a più piani, sembrano funghi in un sottobosco beige. Più avanti, la guida ci indica un museo (---)

La sera cala brutalmente e l’escursione termica si sente, dopotutto siamo a 1700 metri di altezza. Oggi mi è sembrato tutto calmo, ma è solo apparente... ad un occhio attento non sfugge. Ovviamente l'agitazione qui è più tangibile rispetto a fuori.

Non ho ancora parlato del cielo di giorno, almeno credo. Il coloro del cielo non è celeste e blu qui. E’ di un colore marrone chiarissimo, dato dal calore che si solleva nell’aria. La terra argillosa è arsa dal sole, sembra non riceva acqua da millenni.
Ora mi sparo per l'ennesima volta la compilation freddy composta da più di trecento canzoni, fin'ora vuoi per una cosa vuoi per un altra ne ho sentite solo una decina. Quale sarà la prossima ?
Vai ipod vai... facci dimenticare.

Tornero’ a scrivere appena posso.

1 commento:

Stella ha detto...

E per la terza volta, attraverso i tuoi occhi, si riesce a cogliere ogni minimo particolare del mondo in cui ti trovi...

E si riescono a percepire tutte le emozioni che vivi..

Non smettere mai di scrivere queste cose così belle...

Io le leggerò sempre, a patto che quando torni vai dal medico a farti controllare il fianco... se non ci vai non ti leggo più :-)

Parola di stella..