Siamo giunti a Lampedusa, per la prima volta, nel novembre del '91.
Appena arrivati su un timido, rattoppato aereo MD80 che aveva buoni freni, mi sono reso conto subito che posto incantato potesse essere. La pista d'atterraggio a strapiombo su una estremità, il castello di Giuseppe Tomasi dall'altra, confermava la frase colta al volo, prima di salire dallo scalo palermitano, del comandante 'andiamo ad atterrare sul francobollo', (inquietantissima). Percepire questa frase è stato possibile, purtroppo, grazie al fatto che il comandante sceso dall'aereo si è dovuto occupare personalmente della mia canna da pesca Franchi di 6 mt divisa in due. Infatti al check-in non mi avevano fermato e quindi passato 'sto controllo il comandante stesso se la doveva sbrigare.
Salgo su questo bellissimo 'aquilone', facendo gesti apotropaici, dando importanza massima all'esile parte di me da fedele cattolico, chiudo gli occhi e mi faccio stordire dal rumore del motore.
Tante sono state le vacanze di 'pesca' con amici e colleghi di ufficio, questa la prima. A quel tempo eravamo più spensierati e aspetto da non sottovalutare: non c'era l'euro.
In questa isola minuscola, dalla forma un pò strana, vista dall'aereo e ora da google earth, ultimo avamposto abitato italiano, si respirava un'aria familiare. Le persone sorridenti, con visi cotti dal sole, dalla salsedine e dal lavoro duro di pescatori, riempivano l'unico corso, l'unica via dove era possibile trovare un bar, un tabacchi, un emporio, frutta e verdura (a Lampedusa!), pesce, pesce a non finire. Avete presente quegli arbusti rotolanti sempre presenti nei film wester di Sergio Leone, le strade deserte, la calura estiva, le forme delle case lontane bianche e celesti, alterate dal calore riflesso dalla terra ?, bene questa era Lampedusa nel 1991. Terra decisamente incontaminata da speculazione edilizia, sbarchi di extracomunitari, delinquenza e egoismo.
Appena arrivati su un timido, rattoppato aereo MD80 che aveva buoni freni, mi sono reso conto subito che posto incantato potesse essere. La pista d'atterraggio a strapiombo su una estremità, il castello di Giuseppe Tomasi dall'altra, confermava la frase colta al volo, prima di salire dallo scalo palermitano, del comandante 'andiamo ad atterrare sul francobollo', (inquietantissima). Percepire questa frase è stato possibile, purtroppo, grazie al fatto che il comandante sceso dall'aereo si è dovuto occupare personalmente della mia canna da pesca Franchi di 6 mt divisa in due. Infatti al check-in non mi avevano fermato e quindi passato 'sto controllo il comandante stesso se la doveva sbrigare.
Salgo su questo bellissimo 'aquilone', facendo gesti apotropaici, dando importanza massima all'esile parte di me da fedele cattolico, chiudo gli occhi e mi faccio stordire dal rumore del motore.
Tante sono state le vacanze di 'pesca' con amici e colleghi di ufficio, questa la prima. A quel tempo eravamo più spensierati e aspetto da non sottovalutare: non c'era l'euro.
In questa isola minuscola, dalla forma un pò strana, vista dall'aereo e ora da google earth, ultimo avamposto abitato italiano, si respirava un'aria familiare. Le persone sorridenti, con visi cotti dal sole, dalla salsedine e dal lavoro duro di pescatori, riempivano l'unico corso, l'unica via dove era possibile trovare un bar, un tabacchi, un emporio, frutta e verdura (a Lampedusa!), pesce, pesce a non finire. Avete presente quegli arbusti rotolanti sempre presenti nei film wester di Sergio Leone, le strade deserte, la calura estiva, le forme delle case lontane bianche e celesti, alterate dal calore riflesso dalla terra ?, bene questa era Lampedusa nel 1991. Terra decisamente incontaminata da speculazione edilizia, sbarchi di extracomunitari, delinquenza e egoismo.
Prendiamo possesso della casa, non ricordo come, ma ricordo dove. Un primo piano di una villetta a schiera, a poche centinaia di metri dal castello di Tomasi, ad una decina da un'ansa del porto. Il panorama, all'imbrunire, immortalato in una foto, sembra un poster di quelli che vengono venduti nelle cartolerie.
La terrazza non molto ampia, coperta, ed incorniciata in un arco bianco, dipinto di fresco. Tale terrazza era il nostro angolo 'preparatorio' per ami, canne, mulinelli, esche.
Non ho intenzione di annoiarvi nel raccontare tutta la vacanza, ma un particolare, credo simpatico, è degno di nota.
Appena arrivati in questo posto bellissimo, si è prospettato subito il problema cibo. La stanchezza del viaggio infondeva una pigrizia, non troppo sconosciuta a tutti noi. Lo stomaco rantolava, con gorgoglii rumorosi. Si decise, come prima sera di andare al ristorante. Sembra facile, in Lampedusa, in tutta l'isola i ristoranti erano due. Uno chiuso e uno aperto, sul porto. Un edificio assolutamente privo di tratti caratteristici, un parallelepipedo appoggiato con finestre in alluminio anodizzato color oro, butterato da rilievi bianchi... cristalli di sale; tendine tra il grigio e il giallo nicotina e doppi vetri sporchi nell'intercapedine, sintomo che il sale all'interno non era sufficiente ad accumulare umidita'.
All'entrata un cartello bianco annunciava a chiare lettere 'Cuscus di cernia'. Entriamo guardinghi aspettandoci una presenza curiosa in sala. La sala era vuota con due tavoli apparecchiati alla meno peggio, gli altri con il sottotovaglia color porpora. Il silenzio, il vuoto, la desolazione. L'impatto fu sconfortante. In fondo alla sala un signore magrissimo con la solita faccia cotta da sole e salsedine, faceva cenni senza proferire verbo. Capimmo il perchè un attimo dopo. Il gentilissimo signore, sulla settantina, era stato operato ad Agrigento, alle corde vocali, e l'unico mezzo di comunicazione, era un apparecchietto, simile ad un microfono, (la prima volta che vidi simile strumento), traduceva o amplificava i movimenti del pomo di adamo in suoni prossimi a parole interpretabili da noi. Il suono era metallico, sembrava provenire da un racconto di Asimov su androidi e robot. L'imbarazzo iniziale e il pensiero 'in che posto siamo capitati' fu subito fugato dall'affabile personaggio che ci propose l'ormai noto cuscus, come primo, e aragosta come secondo. Accettammo, senza pensare, il menù consigliatoci, anche perche', sapemmo poi, l'alternativa erano patatine fritte, hamburger, o il temuto digiuno.
All'entrata un cartello bianco annunciava a chiare lettere 'Cuscus di cernia'. Entriamo guardinghi aspettandoci una presenza curiosa in sala. La sala era vuota con due tavoli apparecchiati alla meno peggio, gli altri con il sottotovaglia color porpora. Il silenzio, il vuoto, la desolazione. L'impatto fu sconfortante. In fondo alla sala un signore magrissimo con la solita faccia cotta da sole e salsedine, faceva cenni senza proferire verbo. Capimmo il perchè un attimo dopo. Il gentilissimo signore, sulla settantina, era stato operato ad Agrigento, alle corde vocali, e l'unico mezzo di comunicazione, era un apparecchietto, simile ad un microfono, (la prima volta che vidi simile strumento), traduceva o amplificava i movimenti del pomo di adamo in suoni prossimi a parole interpretabili da noi. Il suono era metallico, sembrava provenire da un racconto di Asimov su androidi e robot. L'imbarazzo iniziale e il pensiero 'in che posto siamo capitati' fu subito fugato dall'affabile personaggio che ci propose l'ormai noto cuscus, come primo, e aragosta come secondo. Accettammo, senza pensare, il menù consigliatoci, anche perche', sapemmo poi, l'alternativa erano patatine fritte, hamburger, o il temuto digiuno.
E' qui che viene il bello... Un nostro collega tale Pino, non mangiava pesce e con una naturalezza e una faccia d'angelo chiese se poteva avere un 'Cuscus con la Carne '. Il tipo, cuoco, cameriere, cassiere, uomo delle pulizie, si porto' l'apparecchio alla gola e chiese stupito, con marcato accento siciliano disse testuali parole: 'mma pecche' o coscusso se fa pure co la canne ?'. Da li capimmo che le aragoste dovevano essere fantastiche e la cernia non da meno.
L'amico si accontentò di una serie di hamburger e patatine fritte (a Lampedusa !), noi ci deliziammo con un chiletto a cranio di aragoste. Il terrore, leggibile nei nostri sguardi e nelle nostre nervose movenze, sopraggiunto a pancia piena, era di conoscere l'importo del conto. Noi quattro, complessivamente, frugando nelle tasche, raccimolammo in totale un centinaio di mila lire, (sante lire), consci che se il tipo avesse 'sparato' di più l'unica possibilità, di salvezza era un bancomat oltre la cortina di polvere dal lato opposto della citta'. Il tipo doveva e poteva stare tranquillo comunque, l'aereo per fuggire sarebbe tornato dopo tre giorni, la nave dopo due.
Chiediamo il conto!.
TADAAAA l'importo totale è stato di 38.000 lire. Nulla. Ci siamo ritornati per 5 giorni consecutivi, ovvero tutta la vacanza a cena.
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