mercoledì 19 settembre 2007

Replica al post la nascita di mia Nipote

Questo, erroneamente inserito come commento, in realtà la considero una replica, o meglio un differente punto di vista, scritto, anch'esso di pugno, dalla mamma di mia nipote. Mia sorella. Riportato in maniera integrale, ovviamente.
Tante volte ho guardato con sguardi incuriositi le pance delle gestanti immaginando, un giorno, come potevo essere io con la pancia. Speravo di diventare mamma non appena mi sono sposata...avrei completato così quel cerchio della vita di chi come me ha sempre creduto nell'importanza della famiglia. Già...proprio quella famiglia che speravo di costruire con il mio partner ma che purtroppo non è stato possibile: niente figli e niente più marito. Nonostante i consigli ripetuti della mia famiglia di origine e quelli degli Amici con la "A" maiuscola ho scelto di credere all'amore ma si è rivelato, a breve, non essere tale. Non ha mai capito cosa passasse in mente e cosa volesse il mio ex marito, neanche quando mi chiese di fare un bambino nonostante il nostro matrimonio fosse in crisi (di li a poco ci saremmo lasciati definitivamente). Fortunatamente la mia voglia di coronare quel desiderio di maternità non ha prevaricato sul buon senso: un bambino non deve essere una colla per riparare un vaso rotto tante volte, ma che famiglia gli avrei dato? Oggi, nonostante mi porto una spada di damocle sulle spalle sono fiera di non aver sbagliato (almeno in questo)nel prendere la decisione di mettere al mondo un essere umano in quelle circostanze. Sono stati giorni duri, il mondo ti crolla addosso e tu ti lasci travolgere perchè sei ferita dentro, ma, la sensazione più brutta è il sentirsi soli in mezzo a tanta gente..praticamente la mia vita era un tunnel senza luce...Ma come ogni problema ha la propria soluzione anche i dolori non sempre vengono per nuocere!!Un giorno ho iniziato a frequentare una persona, dapprima una conoscenza poi un amicizia fino a quando è scattato qualcosa, un input che ormai avevo dimenticato era scattato in me. Forse le ferite di una storia passata erano profonde tanto che ero spaventata nel provare nuovamente certe sensazioni. Sentimenti inizialmente non liberi, bloccata, come ero, dalla paura di soffrire ancora una volta, troppo fragile per poter sopportare un'ulteriore delusione e troppo forte da lasciarmi andare completamente..Ma la vita, bella o brutta che sia, va vissuta con tutte le sue sfaccettature e io la dovevo vivere,è la mia unica vita! Un uomo completamete diverso da quello che avevo sposato, simile al mio modo di essere. E' nata la nostra storia ed è aumentata l'incoscienza: immaginavamo entrambe come sarebbe stato bello avere un bambino insieme. Poi, però, dai castelli in aria scendevamo con i piedi in terra ripetendoci che era troppo presto ma avvevamo deciso di lasciare al fato ...a settembre eravamo li nel bagno a fare il test di gravidanza. Giorni prima di fare il test mi sono sentita strana, sentivo che qualcosa dentro di me stava cambiando e mi sentivo che non era un semplice ritardo del ciclo. La mia sensazione è stata confermata dal test: ero incinta. Ricordo con chiarezza che non ero preoccupata forse lo era qualcun altro: il mio uomo, nonostante fosse proprio lui, ripetutamente, a dirmi che voleva un bambino. Davanti alla realtà dei fatti le cose sono molto più chiare e fanno, molto spesso, paura!Io invece mi sentivo spaventata ma al tempo stesso tranquilla perchè se nella mia vita avevo superato il fallimento del mio matrimonio, ormai non temevo nessuno e niente e se la storia con il mio nuovo partner fosse andata a finire male avrei avuto, in questa vicenda, qualcuno a cui riversare tutto il mio amore........... ....I nove mesi sono andati bene, certo, accettare un cambiamento così repentino del proprio corpo non è facile specie per chi non ha mai avuto un filo di pancia (12 chili mi ripeteva il ginecologo non sono tanti, si va bene ma su una persona magra vedi come si sentono e come pesano!!! poi non parliamo per trovare i vestiti, lasciamo stare!).Quanti libri letti e tante informazioni recepite per essere e dare il meglio come mamma(solo ora posso dire che tante cose servono ed altre no, l'esperienza è personale,unica e diversa). Non ho mai avuto paura di partorire tanto che pregavo di fare un parto naturale e non ho considerato mai l'idea dell'epidurale se non negli ultimi giorni prima della data presunta del parto, anche se tutti mi dicevano che l'evento era doloroso..un dolore che non so descrivere ma che non ti risparmia. Domenica verso la mezzanotte sono entrata in ospedale pensando che le contrazioni che avvertivo ogni 3 minuti fossero le famose doglie: ragazzi quelle erano passeggiate in confronto a quelle che sono arrivate pian piano verso le 4 di notte quando sola nell'ospedale vagavo intorno al letto facendo la danza del ventre, come mi avevano insegnato al corso pre parto per alleviare il dolore, quelle erano trapani,cannoni,non so. Danza che alleviava relativamente perchè il dolore era sempre più acuto tanto che la mattina del lunedì ho chiesto disperatamente il parto cesareo e l'epidurale, ma le mie parole suonavano invano al personale dell'ospedale. Ricordo ad un tratto di aver udito una voce, quella di mia madre che aveva sbagliato entrata (quella era solo per il personale ospedaliero) e chiedevo di farla entrare perchè ero sola, non avevo la forza neanche di comporre il numero del mio lui, non capivo più nulla ed ero stanca, visto che la notte non avevo chiuso occhio (sfido chi ci riesce!!!). Mia mamma nel vedermi lo ha subito avvisato. Lui, nel contempo, mi ha detto successivamente di non aver chiuso occhio al pensiero di avermi lasciata, non per sua volontà, da sola in quel letto con i dolori. Sorpreso anche lui nel vedermi così ha avuto un attimo di defaiance (non mi ricordo se si scrive così). A tutti i costi voleva starmi vicino nel momento fatidico ma non appena arrivato si è reso conto, nel vedermi, che ci stavamo avvicinando al momento x e l'ho visto sbiancare e grondare di sudore tanto che quando ha chiesto dove era il bagno all'ostetrica, con quel poco fiato che mi era rimasto, l'ho pregato di fare presto e di non lasciarmi da sola. Ha fatto appena in tempo a tornare (nel bagno aveva fatto un po' di training autogeno) che lei è nata, subito il suo vagito ha coperto il mio pianto di gioia. Me l'hanno adagiata immediatamente sulla pancia e poi attaccata al seno dove i miei occhi hanno potuto incrociare i suoi già belli spalancati, vogliosi di vedere un nuovo mondo e al tempo stesso spaventati dall'aver lasciato quel ventre caldo, il suo rifugio per 9 mesi, il luogo dove giorno per giorno si stava avverando il miracolo della vita. Ti chiederai Orsissimo 67 perchè ti ho raccontato la mia storia, bhè la bambina che è venuta al mondo è tua nipote...........

venerdì 14 settembre 2007

L'anima

Quando la vita ti regala inattesi silenzi, e fermandoti leggendo te stesso, i pensieri negativi ti pervadono, significa che non stai più bene, e la tua anima sta morendo.

giovedì 13 settembre 2007

I miei giocattoli

Questo post è il frutto di input differenti, il blog di "Stella" e una telefonata di un nipote, mi hanno spronato a scrivere in merito ai giochi che hanno accompagnato la mia infanzia.
Sarà disordinato nella cronologia, è scritto di pugno ed ora, è anche tardi, dopo una giornata faticosa. Forse lo sistemerò, forse no, chissà.

Scandagliando gli angoli più remoti della memoria, posso chiaramente ricordare il pallottoliere montato sul mio seggiolone, l’esatta sequenza di colori, mi è impossibile rammentarla, ma il numero delle bilie era cinque, che scorrevano su una asticella cromata con due supporti di plastica. Questo è stato sicuramente il mio primo giocattolo, da bambino senziente.
Qualche balocco sicuramente l’ho dimenticato, ma, ricevere giocattoli era alquanto sporadico e quindi hanno tutti generato felicità e qualche volta delusione, comunque sempre emozioni che lasciano uno strascico nella mente e talvolta nel cuore.

Voglio premettere che non ho mai avuto un pallone, sicuramente per scelta, non mi è mai importato giocare al calciatore. Mio padre tanto meno mi ha incitato. Soltanto una volta l’ho fatto, dopo una pessima performance da difensore (gli attaccanti erano i bambini più fichi), mi hanno sbattuto in porta. Un tiro solo in porta è bastato per avere come conseguenza, la rottura del polso destro. Frattura multipla scomposta. Due settimane in ospedale. Un mese con il gesso. Era l'nizio dell'estate. Il gesso rimosso tre giorni prima di andare a scuola. Se fosse stato durante l'anno scolastico, non mi sarei mai rotto un polso.
Il cattivo che tirò in porta non era un bambino, ma l’allenatore dei “Pulcini della Roma”. Ho raccontato, vantandomi, per quasi dieci anni che avevo giocato con questo allenatore “della Roma”, ed ero caduto sul campo respingendo comunque la palla sul bordo campo.

Il miei negozi di giocattoli, preferiti erano “Cimini” (vicino casa), e la “Galleria del '48”, storico negozio, non più esistente, (rimpiazzato da uno di abbigliamento), collocato all'angolo fra via De Pretis e Via nazionale (roma). Erano negozi chimera, il tempo di permanenza davanti alle vetrine durava forse uno o due secondi, mentre nei supermercati il tempo non finiva mai.

La "Galleria del '48", me lo ricordo come fosse oggi. Aveva dei giochi iperbellissimi, la pista delle macchine da corsa della Polistil, "occupa troppo spazio", la pistola che si illuminava,"ci giochi un pò e poi la lasci lì", le astronavi gigantesche che sparavano razzi, "i razzi vanno negli occhi".

Quando, raramente, si transitava lì davanti, la presa delle mani aumentava, e in proporzione, anche il passo. Forse era il negozio più costoso del mondo.

Vorrei spezzare una freccia nei confronti dei miei genitori, loro stavano costruendo casa, quella in campagna, il mutuo di quella di Roma era, per come ne parlavano, una spada di Damocle sulla loro, (e sulla mia), testa. I soldi servivano per comprare le tende per simulare una porta del bagno, un lucchetto per la porta di casa in legno da cantiere, le soglie in marmo per le scale.

Da nonna mai ricevuti regali in giocattoli, era al passo con i tempi, guidava la macchina e da impiegata statale era a reddito basso ma certo. Nonna mi regalava maglioni con addirittura l’etichetta dietro il collo con la scritta “fatto a mano da Nonna”.

Questi maglioni assolvevano il loro compito egregiamente, tenendomi caldo, anche dentro casa, funzionali, ma i colori, la grandezza della maglia, e non ultimo, la fattura artigianale, hanno suscitato ilarità in tutto il pubblico femminile e maschile delle scuole per circa tredici anni, e di certo non mi hanno aiutato. Allora andavano di moda le polo della “Sergio Tacchini” e i piumini della "Ciesse". Mai avuti. Da ciò si deduce che ce n’è voluta prima che avessi una ragazza al mio fianco.

Ho vissuto la mia infanzia, come i pari della mia età con giocattoli avulsi dall’elettronica di oggi, qualcuno è tutt'ora è un evergreen, tornando ciclicamente nei negozi, quelli di oggi sono veramente belli.
Papà mi regalò una macchina a pedali rossa assomigliava vagamente ad una Porsche cabrio, ci scorrazzavo per casa contentissimo. Forse perché ingombrava a casa, forse perché mia nonna si lamentava dei rumori, (abitava di sotto a noi), mi convinsero a regalarla ai “Bambini Poveri”, la regalai, con le lacrime agli occhi e malvolentieri.

Più di una volta ho invidiato i giocattoli dei compagni di scuola, le quali cartelle erano piene zeppe di macchinine, soldatini e carri armati e quant’altro. Purtroppo non sono nemmeno mai stato malandrino e scaltro, quindi mai appropriato di giochetti altrui. D’altrocanto un vantaggio rispetto ai ricchi ce lo avevo, innegabilmente, fare il check (prima di andar via), o tenere sotto controllo quelli miei per evitare che me li rubassero era cosa facile, ne avevo pochissimi. Quando qualche benevolo e generoso amico mi prestava i suoi, quell’attimo era più gratificante il possesso momentaneo che il giocattolo stesso.

Le macchinine, soprattutto quelle della Polizia erano le più ambite, mio zio più grande di me di circa undici mesi, ne aveva un fustino di detersivo stracolmo. Ricordate i contenitori cilindrici del Dash alti circa una cinquantina di centimetri ? Beh proprio quello. Immaginate quante ne aveva. Io una sola, era una Giulia 1600 TI Verdino scuro con la scritta 113 bianca e lo stemma di un commutatore telefonico, (quelli a cerchio con la cornetta sopra), sui lati. I sportelli apribili saltarono via subito, in seguito anche le luci posteriori, anche perché era una macchina della Polizia potentissima, saltava dappertutto, correva, volava, vinceva anche contro i carri armati, (loro erano di plastica e lei di ferro), e poi era l’unica, quindi unica.

I miei cugini materni, l’ala “ricca” della famiglia erano quelli che, (secondo mio padre), mi viziavano, regalandomi i carri armati di latta, quelli senza motori, (non c’erano i motori cinesi micronizzati), ma si muovevano grazie alla molla interna che si caricava con una chiavetta, la quale immancabilmente si perdeva. Ogni volta che andavo da loro, mi regalavano una giornata al Luna Park dell’EUR e Zio mi comprava lo zucchero filato (anche ora ne mangio tanto appena ne ho occasione).
Un'altra cosa che ho invidiato erano i soldatini piccolissimi dell'Airfix, io avevo quelli delle buste dove, maldestramente, erano mischiati cowboy, indiani, eserciti e carri armati. Mi sono sempre e comunque accontentato.

La fantasia, è fertile in ogni bambino, se poi stimolata per “esigenze” collaterali, mi ha portato ad “inventare” i giocattoli. I fucili ad elastico con la molletta dei panni, o un metro da muratore in legno erano le armi letali per le mosche il primo e per i spettri o soldati immaginari nemici il secondo. L’invenzione più bella, ancora presente in casa oggi, scaturì da un regalo inaspettato fatto da un’altra zia (sempre dell’ala ricca). Il regalo consisteva in un gioco di società tipo gioco dell’oca con un tabellone, dadi, carte fortuna/sfortuna e importantissimo dei volanti di cartone disegnati a mo’ di cruscotto con delle lancette di plastica che segnavano velocità giri e livello benzina. Si muovevano rigorosamente con le dita, ma erano ASPORTABILI. La chiave di tutto fu proprio questo. Visto che non era, diciamo un gioco di quelli ambitissimi e per giocare bisognava essere almeno in due, smontai accuratamente le lancette. Presi un quaderno a quadretti, disegnai dei “cruscotti di astronavi”, ci misi le lancette ed ecco qui una console di astronave bella e pronta, non ultimo la cloche di carta scorreva su due fessure incise consumando la carta con una penna, sui fogli di carta spillati insieme per dare spessore e resistenza alla struttura. Era la mia astronave portatile. La maestra delle elementari vedendo questo quaderno, lo portò dal preside, il quale si congratulò con me e lo fece vedere alle altre sezioni.

Ero il genietto della scuola.

Da qui coltivai la passione per le astronavi e per lo spazio, che sfociò dopo un regalo di un telescopio, nell’ancora attuale passione per l’astronomia.
La bicicletta modello "Graziella", quelle che si ripiegavano su se stesse per agevolare il trasporto, l'ho avuta a dieci anni, la marca era "Rally" e i primi posti nelle gare erano sempre miei, fino all'arrivo di Lorenzo, figlio di un politico riccone, che ne sfogiò una da corsa, con le ruote grandi quanto il mio ciclo. Era dura, ma una volta lo vinsi comunque. Stetti male di broncopolmonite sia per lo sforzo che per la sudata abbondante.

I trenini elettrici, ancora presenti in qualche scatolone in cantina, sono il mio tesoro, li conservo gelosamente. E’ un tesoro che si è incrementato negli anni, ogni natale ricevevo due o più vagoni e non spesso i locomotori e locomotive. Ogni tanto appena trovo occasione, me ne compro qualcuno.

Il monopoli, il master mind hanno accompagnato le sfide con i miei amici, non ultimo gli scacchi e la dama.

I giocattoli passando il tempo diventarono più evoluti e dopo un regalo di una Porsche della Burrago di ferro, con le ruote sterzanti e sia il vano motore che il portabagagli apribili, regalata all’età di otto anni, mi regalarono una autopompa dei vigili del fuoco filocomandata. Le pile duravano troppo poco ehm diciamo che non ce ne erano molte in casa.

I due unici giocattoli tecnologici, arrivati in tarda età furono l’UFO radiocomandato che alzava e abbassava le ali di plastica illuminandosi e il Genius il gioco che “sparava” sequenze irregolari di quattro colori che bisognava ripetere senza sbagliare, pena, ricominciare daccapo.

E’ pure vero che mi accontentavo di poco, un freesbie era il gioco da spiaggia, ma i più ricchi avevano il Going, quel gioco composto da un pallone simile a quello di rugby attraversato da due corde che terminavano alle estremità con delle maniglie. Tali maniglie dovevano essere “divaricate” per lanciare la palla contro l’avversario.

L’UFO l’ho regalato ad un collega di ufficio nel 1989. Il Genius capitolò in breve per il solito problema delle pile, scoppiarono e l’acido corrose tutto il circuito elettronico.

Lo spectrum Z80 fu il primo vero gioco tecnologico che ebbi, era un computer. Da lì un’escalation comprati con i miei soldi, facevo programmi. Non ho più giocato con i “giochi” ma solo con computer che ora mi danno da vivere.
Tirando le somme, e inventariando tutti i giochi, che ho avuto, in realtà non è che ne ho avuti pochi, nemmeno molti.
Ora abbiamo più di una casa, quella in campagna è bellissima, gli amici miei ricchi ne hanno altrettante, ma non belle come le nostre. I miei mi hanno appena aiutato per la casa che ho, il mutuo lo pago lo stesso, fa bene alla vita, così dicono.

Più di una volta ho avuto la sensazione che quello che avevo non era mai il top, è per questo che oggi, ringraziando il cielo e i miei, che aspetto sempre di avere più liquidità per comprarmi l'apparato elettronico migliore, in modo da evincere, dalla brochure informativa, che la massima configurazione è quella che ho.
Tutti i giocattoli che avrei voluto avere li ho comprati e regalati ad un mio nipote, ora grande, che mi vuole un bene dell'anima, tanto bene che qualche volta mi ha chiesto, da piccolo, di essere il suo papà. Non si tratta di aver comprato il suo bene, si tratta di averlo fatto sentire, nella giusta misura, importante per qualcuno.
Questo forse è stato uno dei campanelli che mi ha fatto capire che non ero più bambino, visto che mi gratificavo più a regalare che a ricevere.

La mia Porsche giocattolo l’ho regalata a un mio nipote di cinque anni, senza vernice, si vede il metallo. Non c’e’ volta che lo sento che vuole sapere la storia della Porsche e a che età ci giocavo. La custodisce gelosamente. Ma non si capacita, secondo me, come un giocattolo abbia resistito 32 anni.
Quella vera, e non a pedali, è giù in garage.

venerdì 7 settembre 2007

La 500

Questa estate mentre scorrazzavo sulla litoranea di una bellissima regione italiana, lo sguardo si è postato su un autoveicolo strano, che ricordava vagamente una Fiat 500. Mi sono fermato, l'ho osservata con attenzione.
Fichissima, costa molto, è riservata ad una fascia medio alta. Credo la compreranno comunque in molti, sopratutto i nostalgici.

Di cinquecento in famiglia ne abbiamo avute tre. Tutte gloriose. La prima, che non ho mai visto, se non in foto, ha fatto per circa tre anni, una volta al mese, un viaggio di andata e ritorno da Cosenza a Massa Carrara. Infatti mia mamma lavorava a Massa, mio padre a Cosenza. A quei tempi, non esisteva la Salerno Reggio Calabria e nemmeno la Roma Napoli quindi il viaggio durava anche due giorni.

La fedele 500 morì di vecchiaia e fu sostituita da una fiat 127 celestina (ricordo anche la targa), 900 di cilindrata che faceva 140 Kmh.

Ma nel cuore rimase la piccolina della Fiat.

Appena le finanze familiari permisero l'acquisto della seconda auto, sia per ragioni economiche sia per la nostalgia, fu acquistata la cinquecento bianca. Questa me la ricordo. Sedili in finta pelle rossa, il clacson di plastica con la scritta Fiat color cromo su sfondo rosso e il volante gigantesco nero con uno spacchetto al centro per compensare l'espansione termica della plastica, (o forse era solo rotto), il tettucco nero apribile e sopratutto il deflettore laterale triangolare che aveva una chiavetta per aprirlo e chiuderlo. In quel periodo, l'auto utilitaria, più ambita, era la Mini Minor.

Con la 500 mia mamma andava avanti e indietro con l'ufficio, (fu trasferita a Roma), e mi accompagnava all'asilo che per motivi logistici era molto vicino alla sua sede di lavoro.
Non ricordo che fine fece questa 500 bianca, ma quella blù che succedette, era fantastica. Versione De Luxe, aveva i paraurti cromati con delle rifiniture bellissime. Le maniglie apriporta erano anch'esse cromate l'interno nero, che si scaldava molto sotto il sole. All'interno, per quanto mi ricordo non era variato molto, sia il clacson, (gioia e delizia di ogni bambino), che il volante erano uguali. La caratteristica che mi è sempre piaciuta di questa utilitaria, era il sistema di accensione, mettevi la chiave, la giravi e poi tiravi una delle due levette dietro il cambio. L'altra era l'aria motore.

Mamma guidava, (e guida), come una pazza. Ricordo su lungotevere, davanti al tempio di vesta, nelle vicinanze dell'anagrafe, si ruppe il clacson, ed io, ometto della famiglia, (nel frattempo era nata mia sorella), mi diedi da fare aprendo il tettuccio e gridando Piiiii Piiii per simulare un suono riconducibile al segnalatore acustico stesso.

Mia madre mi sorrise più di una volta.

Ora la 500 è tornata tra noi è bella ma non uguale, lettore mp3 e climatizzatore la rendono più accattivante per le nuove generazioni, più al passo con i tempi, più sicura, più comoda, ma non è la stessa.

Una vecchia 500 è parcheggiata sempre sotto casa, tirata a lucido, è dei miei vicini. Semmai un giorno se la daranno via, la regalerò a mamma.

Piiiiii Piiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii

L'attimo Fatale

Molte volte, sulle cronache nere, si legge di pazzi che lanciano oggetti da cavalcavia o dai bordi della strada su automobili di viaggiatori ignari. Molte volte leggendo, ho fatto aspre considerazioni in merito. Molte volte ho letto solo il titolo della notizia senza mai approfondire. Molte volte ho pensato "tanto a me non succederà mai."
Mi sbagliavo.
Al km 101 in direzione Napoli, sulla Napoli - Canosa, autostrada che attraversa Puglia e Campania, mentre ascoltavo un bellissimo pezzo di musica New Age, in corsia di sorpasso, con un andamento che sfiorava gli 80 Km orari alle 14,17 un oggetto metallico è "piovuto" sulla mia macchina.
La prontezza di riflessi, quasi innaturale, mi ha fatto evitare il peggio. L'oggetto metallico, (almeno cosi hanno affermato i ragazzi della Polstrada), fortunatamente e grazie al repentino spostamento verso sinistra dell'automobile, ha colpito il montante sinistro del mezzo, piegandolo senza però intaccare il vetro. A nulla sono valse le segnalazioni luminose all'auto che immediatamente mi precedeva, gli occupanti di una Fiat Bravo Blu a sua volta preceduta da un automezzo pesante Mercedes, sono scappati via. Conscio di fatti di cronaca, che delinquenti ti fanno fermare per poi rapinarti, mi sono cautelato fermandomi in un area di servizio dove ho atteso l'arrivo di una volante della Polstrada. Denunciato il fatto, fatta la prova dell'etilometro, (come da disposizione ministeriale), sono ripartito.
Se l'oggetto avesse colpito il vetro, in base all'intensità del danno provocato su una delle parti più dure dell'automobile, ovvero il montante sinistro, l'oggetto sarebbe entrato come un coltello caldo nel burro e probabilmente non sarei qui a scrivere cio'.
Una particolarità, una credenza rumena, afferma che il gatto nero se muore, lo fa per salvare il suo padrone, bilanciando un danno ben maggiore. Strana credenza, davvero molto strana.