lunedì 27 agosto 2007

La nascita di mia nipote

Questo è un post che avrei dovuto scrivere almeno un mese fa.


Sono diventato zio.

L’estate nella mia famiglia, è arrivata con questa bella notizia, attesa vero da nove mesi, ma con qualche giorno di anticipo rispetto alla data prevista. Questa anticipazione, aggiunge sorpresa all’evento, il più delle volte ormai sminuita dalle ecografie e monitoraggi che “azzeccano” con minuta precisione il momento del lieto evento. Ecco qua, con tutte le conoscenze che abbiamo, madre natura ci smentisce, ci sa ancora meravigliare.
Per fortuna, davvero per fortuna.
La bambina, appena nata, non era proprio bellissima, il messaggio multimediale con foto allegate, inviate ad intervalli regolari, per rendermi piacevolmente partecipe, sottolineava che il parto non è proprio una gioia dal punto di vista dello stress fisico. Stress che mia sorella ha subito, in solido con il bebè avendo fatto un parto naturale senza sedativi e rilassanti.

Certo un paragone per me non è facile, non ho avuto molte esperienze di nascite, non ultimo il mio rispetto della privacy della giovane coppia, soprattutto nei primi momenti, (giorni), non mi hanno portato quasi mai, tranne una volta, a vedere un bambino nato da poche ore.
Si anche se può sembrare assurdo, non mi piace andare a visitare immediatamente “la mamma” in ospedale, per numerosi motivi.
Innanzitutto, aborro l’affluenza in massa, quasi ad assalire la mamma per vedere poi il bambino attraverso un vetro. Mi voglio risparmiare tutte le ricerche delle somiglianze, le vocine vezzeggiative al massimo, che assomigliano più a farsetti che a voci di esseri umani. Voglio risparmiare agli occupanti dei letti vicini, la transumanza di parenti vari che sommandosi, rende impossibile il respiro nelle stanze degli ospedali. I cellulari che senza rispetto altrui squillano e disturbano tutti, compresi i presenti, figuriamoci i degenti. Partendo dall’inciso che anche il papà può entrare solo negli orari di visita, desidero lasciare i momenti di privacy e di intimità all’allargata famiglia, che necessitano di assimilare, di organizzarsi, di parlarsi in merito al nuovo componente aggiunto.
Non ultimo odio gli ospedali, che siano reparti di geriatria, pediatria o quant’altro.

Per vedere la nuova entrata, c’e’ tempo.

Per questa serie di motivi, mi sono presentato dopo una settimana dalla nascita, nella loro casa, quando la coppia ha avuto il tempo per assimilare il nuovo evento.
La mamma è mamma già appena sa di avere in grembo il feto. Cambia aspetto, i lineamenti si fanno più dolci, le modificazioni chimiche che avvengono nell’organismo comportano variazioni di umore, si modifica anche il carattere, si cambia, chi in meglio, chi in peggio. Mia sorella è migliorata, meno nervosa, più mamma.
Appena sono entrato ho visto il cucciolo di umano nella culla. Intimidito dalla presenza e non ultimo la paura di invadere troppo la sfera privata del rapporto genitori figli, non gli ho chiesto di prenderla in braccio. Quasi a sorpresa, con una naturalezza inaspettata, mia sorella prontamente e sopratutto con destrezza ha preso sua figlia e, delicatamente me l’ha posta in braccio.
Aveva gli occhi socchiusi, i movimenti minimi ma frequenti la differenziavano da una bamboletta giocattolo. I suoni incomprensibili, ma chiari segnali di vita, hanno riempito in quel momento il mio cuore, non di zio, ma di essere umano. In quel momento, l’odio per chi abbandona simili esseri, è aumentato a dismisura. Non era bellissima di aspetto, ma bellissima per ciò che in quel momento stava rappresentando per me e per la mia famiglia. Subito mi sono fatto scattare una foto con il telefonino per immortalare il momento.
Dopo poco è arrivato l’orario della poppata. Con un esperienza innata che le donne hanno, mia sorella l’ha adagiata sulle sue gambe e inclinando il piccolo corpo, l’ha avvicinata al suo seno e come se vedesse, capisse, la bambina si è avvicinata e ha incominciato a bere. Questa scena la ricorderò per tutta la vita, in quel momento credo sia la massima espressione di un rapporto mamma e figlia. Lei che ha bisogno della mamma per vivere, la mamma che ha bisogno di lei per sentirsi realizzata come donna.
Si realizzata come donna. Malgrado sia di sesso maschile, credo di poter capire, almeno in parte, che ogni donna ha come maggiore desiderio quello di diventare mamma. Quelle che non lo hanno, non sanno semplicemente di averlo.
Non sono abituato ad esternare le emozioni per il puro vezzo di esibire piacere o dispiacere, ma malgrado non lo abbia dato a vedere più di tanto, la giornata per me è stata emozionantissima.
Altri appuntamenti con la bambina si sono succeduti, in particolare quello della prima nella mia abitazione.
Appena citofonato, sono corso nel cortile, e di nuovo, meravigliandomi, il compagno di mia sorella, mi “consegnato” senza colpo ferire la culla con la bambina, affidandomela per salire le scale. Questi gesti li apprezzo in maniera particolare, significa che si fidano, che vogliono che sia subito instaurato un rapporto con la bambina. Questa sicurezza nell’affidare la bambina credo sia anche per il fatto di farmi sentire più partecipe alla loro gioia, gioia che io ancora non posso condividere nella mia famiglia.

Adagiata sul divano, con la sua culla, mia nipote ha iniziato a guardarmi. Credo sia stata attratta da me perché le mie parole non sono “zuccherine” come fanno tutti con i bebè, sono dell’idea infatti, che i bambini fin da piccoli debbano essere abituati ad ascoltare il suono delle parole vere e non storpiate con vezzeggiativi e farsetti.
Oppure è il legame di sangue che si fa sentire, geneticamente mi riconosce, chissà...
Come d’incanto si è messa a sorridere, strizzando gli occhi e muovendosi più coordinatamente rispetto alla prima volta. Il respiro più lento, il movimento delle piccole gambe, teso a distenderle, hanno attratto la mia attenzione, non ultimo al suo aspetto fisico decisamente migliorato, rilassato e ormai veramente bello.
Un rosa pallido, uniforme, unito alle movenze del viso, all’aspetto non troppo paffutello, l’hanno fatta apparire ai miei occhi come una delle nipoti più belle del mondo. Non è di circostanza, ma è veramente bella. I caratteri somatici che via via con il tempo si fanno più marcati, delineano espressioni del padre e sempre immediatamente della mamma, creando un azzeccato misto di lineamenti che la rendono unica, come un dipinto in una tela dove nessun colore o tratto, stona.
Queste emozioni non sono lacrime nella pioggia, non si disperdono, irradiano l’animo e lo rendono migliore.
Ciao nipotina, al prossimo post tutto per te.

Il mistero della nascita

[vicenda vissuta... trafila policlinico etc. inseminazione etc.]

sabato 11 agosto 2007

Oplonti...


Il sole e la luna splendevano nei suoi occhi. Ma anche il fuoco della gioventù. Raccolto piccolissimo, subito fu il benvenuto. E’ arrivato a casa che aveva tre mesi, non ebbe paura quando uscì dallo scatolone. Lo volevo nero, era importante, arrivò per caso di notte, doveva essere un’adozione temporanea, ma senza dubbio, entrò subito nella famiglia. Solo l’altro, che abbiamo, non lo guardava di buon occhio, e sicuramente disse “ecco i giovani d’oggi”. Ci seppe ricompensare subito. Il suo arrivo in un momento particolare della vita, fu un ottimo palliativo, sopratutto per il mio stato d’animo. La sua vicinanza, la sua intraprendente presenza, il suo calore, il suo farsi sentire, i suoi primi passi verso la libertà non era solo compagnia, ma affetto. Riempiva le mie giornate, alternava al gioco il sonno, ma sempre pronto a farti fare un sorriso, a dargli una carezza. Mai schivo, indiavolato talvolta, saltava dappertutto riuscendo ad evitare oggetti fragili, che poi comunque rompeva. Infallibile portiere, rilanciava la palla sempre nella mia direzione. Buste, valige,zaini e scatole… sua dimora preferita, incuriosito da un rubinetto aperto, dalla centrifuga di una lavatrice, da una scala a pioli per salire su uno scaffale. I posti preferiti, di suo dominio, li cedeva solo in cambio di un gioco. Guardava farfalle notturne volteggiare per aria, con occhi vispi e attenti. Lo chiamavi, ti raggiungeva, lo cacciavi, si sdraiava, lo sgridavi, si offendeva. Dormivi, dormiva con te. Amante dell’aria climatizzata, del video “Sixty Tons”, della palla rossa, ma non di quella gialla. Stimatore assoluto della tastiera del computer, il ticchettio dei tasti dolce e inspiegabile musica per le sue orecchie. Il puntatore del mouse, un piccola mosca da catturare…
Il carattere opportunista, caratteristica peculiare dei gatti, con lui è stata largamente smentita, non stava con noi per il mangiare e le cure, stava con noi perchè ci voleva bene.

Sette mesi con lui, sono bastati per lasciare un segno indelebile nel mio cuore. L’ho accompagnato io a fare i primi passi verso la libertà. Titubante e guardingo, si affacciava dalla scalinata e ogni giorno vinceva la paura del prossimo scalino. Fino ad arrivare in strada, fino a zampettare sotto i box o sul giardino.

La sera sul tetto guardava dall’alto chissà che, le sue fusa si udivano anche per telefono e te le faceva appena sentiva la mia voce.

Questo era il mio gatto, e ieri sera me lo hanno ucciso, qualche avventato corridore di auto, lo ha centrato. E’ morto da solo, senza una mia o altrui carezza, forse sul colpo. Ieri l’ho salutato come al solito, era vicino a me nel box mentre prendevo lo scooter, al solito gli ho dato da mangiare e da bere. Era un appuntamento ormai fisso, e il mangiare era una tattica per poter chiudere il garage più in fretta.

Oggi, anzi poco fa, l’ho seppellito, ho pianto, davvero, come un bambino, come un adulto. Era da tanto che non lo facevo. Lui le mie lacrime se le è meritate.
Non ero solo affezionato a lui, gli volevo bene. Stamattina l’ho seppellito sorridendogli, non credo sia andato in un posto migliore, probabilmente se non gli avessi voluto bene come gli ho voluto, a quest’ora sarebbe vivo. Si, se lo avessi relegato, a gatto casalingo, senza mai uscire, ora sarebbe vivo, sarebbe egoisticamente ancora con me, ma non avrebbe assaporato la possibilità di andare …
Con i "se..." e con i "ma...", non va avanti il mondo.

Chissà se il responsabile di ciò, conosce questo dolore, chissà se un giorno lo conoscerà. Solo una cosa vorrei dirgli, mi hai dato, ci hai dato una coltellata in petto, e non te l’auguro. Il mio stato d'animo, umore, sensazione, è che è venuto a mancarmi un parente stretto.

Sembra esagerato… no, credetemi, l’amore e il bene che si possono dare ad un animale, può essere uguale o diverso a seconda dei casi, ma non meno intenso a quello dato ad un essere umano, talvolta di più, nessun animale ha, e fa cattiveria, per il puro gusto di farla.

Ciao Oplonti, ciao gatto mio, ciao amico mio, può darsi che ci rivedremo.

(20 dicembre 2006 - 10 agosto 2007)