venerdì 10 ottobre 2014

Alla ricerca disperata...

Questo post nasce dalla riflessione di un filmato visto su facebook inerente ad una coppia che dopo anni di fecondazione assistita, ha per dono quattro gemelli.

Bello... perché è finito bene. Dallo slideshoot non traspaiono le emozioni, della donna e in  maniera diversa ma non meno intensa dell'uomo, che hanno ogni secondo da quando iniziano il percorso, che è comunque un calvario. Ti domandi sempre, quando prepari la puntura ad ogni ora in ogni luogo, se queste bombe ormonali, quanto peseranno sulla salute futura, salute fisica e salute emotiva.
Non traspaiono i pensieri di un uomo che vuole diventare a tutti costi padre e gli stessi di una donna che vuole diventare, giustamente, per il ciclo naturale di questa vita, mamma.
Si l'esperienza ti segna, nel bene e nel male, ti chiedi perché proprio a me, quale disegno c'e' in una difficilissima procreazione. Ti domandi, chiedi a te stesso e agli altri il perché. Non c'e' risposta, c'e' solo da combattere fino al raggiungimento dell'obiettivo, del sogno, che la maggioranza accoglie e apprezza, ma che purtroppo taluni toccano e poi disfano. Poi, arriva l'impianto, solo tre ovuli in Italia (almeno ai miei tempi), e se non erano buoni ? via non fa nulla, si aspettano altri tre mesi, e via con punture, analisi, visite, sorrisi e facce serie. Questa è l'ultima, questa è quella giusta... l'ultima... Di ultime ne ho sentite undici. Ogni volta è sempre peggio. Ogni volta ti viene di abbandonare... ma no... si continua, ci si fa' forza l'uno con l'altro l'obiettivo non si deve perdere di vista. Ad ogni tentativo fallito, cambi struttura, dottore, metodo, analisi, analisi di lui di lei, viaggi della speranza... Si perde la cognizione del tempo, ogni volta ti sembra ieri, ma invece no, il tempo che cura le ferite è infido nel contempo, uccide ogni giorno di più la tua speranza. Incominci ad essere esperto di genetica, di invecchiamento, di ciclo cellulare e mestruazioni, cogli qualsiasi avvisaglia del cambiamento dell'essere che ti sta accanto. Si, con la speranza di sapere in anticipo come andrà a finire l'ultima provetta.
Non sempre finisce bene, non sempre si ottiene il risultato voluto, non sempre sei tu la coppia fortunata.
Poi, nel nostro caso, una domanda, una serie di fogli di carta, ed ecco dopo 15 anni a rincorrere un sogno di avere un bambino naturale, in poco tempo arrivano due esseri, che sono tuoi dal primo momento che li hai visti, sono tuoi per sempre e tu sei di loro per sempre, nulla è per sempre, no, con i figli è cosi, fino ad arrivare a dimenticare il tempo che non li avevi.

lunedì 2 settembre 2013

Eccoli.

Scrivo questo con una enorme emozione nel cuore. Ciò che tralascio, è voluto, sono cose mie. Ma sappiate, ricordo ogni secondo di quel momento e di quelli successivi. Parlo al personale perche' non voglio farmi portavoce di emozioni altrui anche se condivise e discusse.

Questa vicenda non è stata tutta rose e fiori, avevamo avuto un contatto un mese prima, sembrava tutto fatto...ma all'ultimo...tutto è andato a rotoli.

Un giovedi sera per un Venerdi con la V maiuscola.
drin drin
"buonpomeriggio, siete desiderati da noi, venite alle 9:30 qui, domani, direttamente dal Presidente, c'e' una buona notizia per voi"

...potete anticipare qualcosa ?

"no.."

Quasi impossibile, erano trascorsi appena 6 mesi dall'inclusione nella banca dati. Poco piu' di un anno dalla domanda.

Ci rechiamo entrambi, ovviamente, in tribunale.

"...ecco questi sono i nomi, non ho foto, sono bellissimi e sorridenti,  ho appena comunicato alla .... il vostro numero di telefono. Vi contatteranno presto..."

Superficiale commozione mi pervase.
chissa' quando ci chiameranno.

Continuiamo il colloquio con il Presidente, ci recita articoli di legge, si informa su cio' che gia' qualcuno aveva scritto e riscritto, chiama la cancelleria, ci congeda con noi ipersorridenti e lei...pure.

La cancelleria ci accoglie con meno austerità, i due impiegati si complimentano con noi, dicendoci che sono bellissimi e sorridenti. "aho' sti ragazzini l'hanno visti tutti...so' dei vip" penso tra me e me.

Mi cadono le braccia, quando ci consegnano il foglio con il decreto annesso, con i loro nomi e cognomi, le date di nascita e i giudici della commissione. Un foglio che per un problema di fotocopiatrice, mancava un intera colonna verticale tanto da rendere illegibile parte del documento. Lo faccio notare, mi rispondono che non fa' niente e anche la copia in loro possesso... è cosi.
Mah vorrei vedere se in germania o a milano sarebbe stata la stessa cosa.

Questo è l'unico documento, in mio possesso, che in questi 17 mesi ci autorizza ad avere due esseri fantastici. 

Torno in ufficio e condivido parte delle mie emozioni maturate nel breve tratto di strada, dall'incontro alla mia sede lavorativa, con gli amici - colleghi piu' stretti.. Gioia, paura e diffidenza, inadeguatezza e sopratutto enorme curiosità.
Avevo pensato molto ad una eventuale "convocazione", certamente a mente fredda e cuore calmo, l'avevo immaginato, ma non credevo fosse cosi'...intenso.
Saranno in salute. Chi saranno ? da dove vengono? e altre banali domande.

drin drin.
"...salve parlo con ...."
si salve sono io. Chi è al telefono ?
"siamo della ... e volevamo fissare un appuntamento per oggi alle 17:30 in modo da poter iniziare l'affiancamento per vedere se entrambe le parti siano...ADATTE".

Certamente, alle 17:30 va bene.
L'evento prende consistenza, sono sulla strada di diventare genitore.
Mi iniziano a tremare le gambe, ma non devo pensare troppo, ho molte cose da fare, uscire prima dall'ufficio, tornare a casa, prendere l'auto e trovare il luogo ...lontanissimo, apro google maps, preparo il navigatore sul telefono, ho paura di far tardi, non devo far tardi.

Ci fermiamo ad un negozio di giocattoli per prendere due orsetti di peluche, formato tascabile, due automobiline, tutto NON rigorosamente made in Cina, (paura delle vernici tossiche e qualità dei materiali).
Non è facile pensare cosa possa piacere a dei bambini di cui sai solo i nomi e l'età.

Arriviamo davanti la loro "casa". Zona paragonabile alla 167 di Napoli sopratutto come edilizia. E' una zona che non conosco assolutamente, mi sento minacciato anche dall'angolo del palazzo. Occupo i pensieri con le cose piu' banali, fino a pensare che qualcuno mi puo'  poi seguire per fare del male ai bambini. Cerco vie di fuga che possano servire in seguito, mi guardo intorno,  tanto da prendere e spostare l'auto a buona distanza. Sono attento piu' che mai. Le vie di fuga sono tre, di cui una ottima. Un parco, una strada, un'altra strada a senso unico.
Arriviamo con piu' di un'ora di anticipo. Bar, caffe' sigaretta, ammaziamo il tempo, vediamo un supermercato, un negozio di finestre e suppellettili, una ferramenta, un gommista, un dirupo verde e scosceso con delle pecore, (si ovini), e un treno che rallenta per la fermata incrociante la metropolitana...
Ore 17:30, suono il videocitofono. Alzo gli occhi discretamente e vedo una telecamera.
"...chi è ?"
"...siamo...gli affidatari, genitori di ...."
Genitori... era la prima volta che mi identificavo cosi.
E' stato in questo momento che ho incominciato a rendermi conto di cosa stavamo e stavo compiendo.

Aprono un'inferriata davanti ad una porta blindata con due serrature a mappatura europea, 

Entriamo e incomincio a registrare emozioni, pensieri, sensazioni su tutti i cinque sensi, ma anche il sesto faceva capolino.

Odore di umidità, mi pizzica il naso. Ordinata l'entrata con un portaombrelli sulla destra e un piccolo banchetto sulla sinistra, un corridoio interrotto da due porte visibili a destra e due a sinistra davanti una scalinata tipo tromba delle scale.
"Prego, accomodatevi qui ...seconda porta a destra, potete sedervi li ed aspettare, arriva la direttrice che vi parlerà dei bambini ed espleterete le pratiche obbligatorie, chiudiamo la porta in modo da mantenere la privacy degli altri visto che ci sono altri colloqui in corso..Grazie"

Prego, si figuri... (ho aspettato 20 anni...che Vuoi che siano 10 minuti, sembrati altrettanto lunghi come il ventennio precedente ?). riferisco gentilmente a quella che poi si rivelo' un assistente sociale nel pieno praticantato.

Seduti sul divano, con davanti la seconda porta a destra.
Ispeziono la stanza, come, puerilmente si potesse desumere qualcosa, per essere preparati all'ignoto, per cercare di far diventare l'ignoto, meno...ignoto.
Davanti a me sulla destra accanto alla porta, una stampante nera HP multifunzione appoggiata su un mobiletto marrone, posto li a caso, sulla sinistra appoggiato al muro, un tavolo coloniale con aggiunta superficie di vetro, ricoperto o meglio con l'intenzione di  adornarlo con un copertura in merletto e con un piatto centrotavola triste e gia' vecchio quando la mia nonna era giovane, tre sedie di legno lucido con un cuscino beige scuro anche loro merlettate da coprisedia.
Seduti su questo divano (letto n.d.s.), umidiccio e con un copridivano fiorito, nascondeva chissa cosa, forse macchie. La luce della stanza presa da finestra di 30 cm  che si sviluppavano sulla parete dietro a noi, per tutta la larghezza della stanzetta... al massimo 3 mt., rigorosamente con inferriata e vetro non di facile apertura ecco perche' non circola aria, nessun climatizzatore o deumidificatore. Ahh quasi dimenticavo, dietro il divano una mensola (quasi uno scalino nel muro) con un paio di pupazzetti di peluche, per ora l'unica cosa che poteva suggerire che quello era un posto per bambini.
L'attesa si fa' lunga. Passano i minuti che sembrano ore, o giorni.
Parliamo del piu' e del meno, quasi a esorcizzare il momento, quasi a riempire differentemente i nostri cervelli, nei quali vorticosamente si affannavano pensieri in ordine sparso, come un gruppo di turisti senza navigatore sulle strade italiane.
Non parliamo del cuore che di sbalzi nelle ultime ore ne aveva sopportati gia' abbastanza.
Si apre la porta beige su la stanza dell'attesa.
Una signora di aspetto curato, un po' su di chili, con aspetto pseudosorridente che mal celava l'arcigno animo che come prima sensazione, mi ha trasmesso.
In mano una cartellina blue, con l'elastico, nuova nuova, mani curate, con unghie, troppo lunghe per chi deve avere a che fare con dei bambini.
La signora ROTTERMAIER (reminiscenze di Heidi), con il sorriso ormai svanito, freddamente cordiale, ci invita ad accomodarci sulle sedie nel lato lungo del tavolo coloniale e lei goffamente si siede a "capo tavola" in posizione alquanto scomoda.

Qui ci identifica chiedendoci documenti con fare indagatorio, mi fa' sorridere, mi fa' pensare che non sarebbe mai stata un abile investigatrice, codici e domande da quanto, da come, da dove... tutte richieste che sambravano inutili in quel contesto. "sono venuto per i pupi" dico tra me e me, sembrava lo stesse facendo apposta...mancava solo il te' con i pasticcini. (ci ha offerto dell'acqua e dei succhi).

Ci spiega che stanno bene, quello che mangiano, le loro attitudini, se hanno fatto sport, malattie avute e un identikit caratteriale. Vicissitudini e altre informazioni, per me molto importanti sono da domandare al "tutore" che ci avrebbe contattati a breve dato che aveva i nostri numeri.

Questo, sono passati 17 mesi, non è mai accaduto. Non si è fatto mai sentire nessuno, malgrado affannarci a richiedere un incontro, rimbalzando di segretaria in segretaria, di centralino in centralino. Gli unici cordiali, affabili, disponibili e a dir vero unici, sono stati i fantastici assistenti, psicologi della ASL e non ultimo l'assistente sociale del mio comune (credetemi, non è ironico).

Reincalzando la Rottermaier con mie domande specifiche su il come e quando e perche' stessero li, si cela dietro un muro di privacy.

Qui nascono delle perplessità, ovvero mi faccio delle domande sui freddi e avulsi protocolli di affidamento / assegnazione di minori.
E' possibile mai che i genitori affidatari e poi (se tutto ok) adottivi, non possano sapere quello che li ha portati ad essere "tolti" ad una famiglia, se cosi' la si puo' chiamare ? Cari tutori, curatori, sindaci o chi per voi pensate che il non sapere per noi genitori non naturali sia facile immaginare ? Tutto non nasce da una semplice curiosità fine a se stessa, ma conoscere il piu' possibile chi vivra' con te, per te e noi per loro, puo'  aiutare nel di venire come comportarsi, sopratutto se urlano di notte o chiamano persone strane o ti parlano di fatti che non è possibile interpretare se sono veritieri o inventati dalla fervida immaginazione dei bambini, sopratutto quelli di oggi.
I traumi infantili lasciano segni indelebili, conoscerli, possono essere, con amore, affetto, aiuto,  leniti il piu' possibile, per poi non cercare di riparare, magari senza risultato, qualcosa di enormemente piu' grande.

...andro' avanti comunque. Sperando di non fare grossi errori.

Nella cartellina blu, c'e tutto il loro tesoro. C'e tutto quello e solo quello che dovevamo sapere. Per forza di cose. Vaccinazioni, pediatra, codici fiscali, certificati di nascita, decreto di affidamento alla direzione Rottermaier, ma anche qui...nessuna foto.

Con la promessa che il tutore sarebbe stato convocato direttamente la da loro per un incontro tutti insieme felici e contenti.
Il tutore ha disertato i due incontri richiesti, durante il periodo di "inserimento", con evidente perplessità della Rottermaier.
La direttrice ci consegna il calendario delle ore in cui eravamo autorizzati a giocare con loro e sopratutto i tempi da rispettare assolutamente.
Da rispettare in maniera assoluta perche' le prime volte l'assistente sociale doveva essere presente con noi e quindi, essendoci altri bambini li dentro...doveva divincolarsi con le altre visite.
Giustissimo mi dissi.

Dietro suggerimento che non lasciava repliche, ci fece spostare nella stanza adiacente (la prima porta a destra entrando nella stamberga).

La prima porta celava un ambiente simile alla stanza d'attesa, ma senza stampante, stesse finestra piccola piccola, un altro divano sul fondo che copriva un termosifone. Un armadio 4 stagioni, di colore marrone, che copriva la parete destra della stanza ma non per tutta la lunghezza, infatti lo spazio rimanente era occupato da un contenitore trasparente pieno di costruzioni in plastica e legno confinante con il bracciolo del divano. Sulla mia destra, un contenitore cilindrico "multiuso", che, a seconda dell'evenienza, poteva essere trattato indifferentemente come portaombrelli o cestino. Sul lato sinistro un'ennesimo tavolo coloniale con spigoli arrotondati, di identica fattura ma solo due sedie, merlettate, con un  sopratavolo, piu' assomiliante ad una coperta che ad una tovaglia.
Non avevano fatto il cambio inverno/primavera.

Avrei preferito un ambiente piu' colorato piu' "bambinesco", piu' adatto a bambini. Un ambiente che strappasse naturali sorrisi ai poveri esserini costretti, loro malgrado, per tristi e avversi eventi, ad essere "parcheggiati" li.

Una serie di puzzle giganti colorati di gommapiuma formano un tappetino antiscivolo.

Ci mettiamo seduti e aspettiamo.

L'attesa è la maggiore protagonista della giornata.

Guardo l'orologio, lo riguardo, 18 e 40, si apre la porta,  arriva un assistente sociale, abbastanza carina come modi e come aspetto esteriore, alzava la media a dir vero bassina, dopotutto avevamo visto con lei, tre persone e basta, ma qualche brusio quando siamo transitati da la stanza d'aspetto n°1 verso la 2° mi ha fatto capire che almeno un altro colloquio o incontro era in corso.
L'assistente sociale ci dice che i bambini sono nel corridoio il piu' piccolo è timidissimo e potrebbe scappare, il piu' grande parla poco ma e' piu' socievole. Posso farli entrare ? ...domanda candidamente, "che domanda"  dico tra me e me... ravvisando una propensione di questi personaggi al masochismo.

"Certo!!! non vediamo l'ora!", con tono imperativo affermo.

Quanto puo' essere relativo il tempo. Per lei scorreva normale, per me erano ore.

Richiude la porta dietro di se.

Ecco...ci siamo ora arrivano. Mi dico. Ci diciamo.

Si schiude la porta fanno capolino nell'ordine il piu' grande, l'assistente e ...il piu' piccolo.

Sono enormemente bellissimi, titubanti, impauriti, incuriositi, implumi. Gia' condividevamo delle emozioni, erano le stesse che avevamo noi.
Il cordone ombellicale, ricresciuto nel periodo di permanenza nella loro innaturale casa, si stava per saldare al nostro, gia' pronto da tempo.

Mi viene da piangere, mi trattengo, sorridono anche le orecchie, brividi e pelle d'oca. Prendo prontamente la sedia come per costruire una barriera, mi chino dietro di essa per portarmi alla loro altezza, per rassicurarli, per non farmi vedere alto, per fargli capire che non è mia intenzione scavalcare quell'ostacolo senza che loro volessero.
Escamotage azzeccato, il grande va' verso mia moglie.
Il piccolo, descritto come schivo e diffidente, con il dito in bocca si avvicina lentamente alla sedia barriera e mi fa' cenno, senza dire una parola, che vuole stare seduto li sopra. Che darei per avere un film di quel momento, per vedermi dall'esterno.
L'emozioni seguono una progressione logaritmica, un crescendo indefinibile, saranno queste le emozioni di una coppia appena vedono nascere il loro figlio ?
No, non credo, io non ho avuto i 9 mesi per "metabolizzare" la nascita, io ho avuto poco piu' di 8 ore.

Il piccolo so' gia' che è mio, mi ha scelto subito. Immancabilmente malgrado insieme, ci dividiamo per seguirne uno ciascuno.
Iniziamo le presentazioni e diamo i regalini, iniziamo a giocare con loro...

Eccoli
sono arrivati,
vi ho aspettato,
ho rinunciato a tanto, a tantissimo,
ci ho creduto.

Sono padre, sono genitore. Lui, lo schivo non passa ora che non voglia sentire il mio odore,è decisamente il piu' viziato; lui, il grande, riesce in tutto, caparbio ma debole, fa' mille cose contemporaneamente.
Chi non sa' dice che siamo uguali, ironia della sorte, il mio aspetto da bambino e' quasi identico a lui.
Lo schivo, assomiglia a mia moglie.
Come si fa' ad non amarli. Io sono di loro e loro sono miei.

E ad oggi, dopo 17 mesi, non ricordo il mio passato senza loro.


Al prossimo post.






lunedì 8 aprile 2013

La ferita chiusa, ma solo superficialmente.
Un pensiero va a te, come spesso accade, da anni, in un momento di tua palese difficoltà.

domenica 11 marzo 2012

Di tanto in tanto penso a quando stavamo insieme
Come quando hai detto che eri così felice, felice da morire
Dissi a me stesso che eri quella giusta per me
Ma mi sentivo così solo in tua compagnia
Ma quello era l’amore ed è un dolore ricordo ancora
Puoi diventare dipendente da una certo forma di tristezza
Come una rassegnazione alla fine, sempre alla fine
Così, quando abbiamo scoperto che non aveva senso stare insieme
Beh, tu hai detto che saremmo potuti essere ancora amici
Ma devo ammettere che ero felice che fosse finita
Ma non c’era bisogno di tagliarmi fuori
Uscivi con altri, come se non fosse accaduto nulla e come se noi non eravamo niente
E non ho neanche bisogno del tuo amore
Ma tu mi tratti come un estraneo e questo mi fa male
No, non dovevi cadere così in basso
Hai preso i tuoi amici, raccolto i tuoi dischi e cambiato tuo il numero
Immagino che non ne ho bisogno comunque
Ora sei solo qualcuno che conoscevo
Ora sei solo qualcuno che conoscevo
Ora sei solo qualcuno che conoscevo

[Kimbra:]
Di tanto in tanto penso a tutte le volte che mi hai fregato
Ma mi hai fatto credere che fosse sempre qualcosa che avevo fatto
E io non voglio vivere così
Leggendo dentro ogni parola che dici
Hai detto che si, potevi lasciar stare
E non vorrei vederti appresso a qualcuno che conoscevi

[Gotye]

Ma non c’era bisogno di tagliarmi fuori
Uscivi con altri, come se non fosse accaduto nulla e come se noi non eravamo niente
E non ho neanche bisogno del tuo amore
Ma tu mi tratti come un estraneo e questo mi fa male
No, non dovevi cadere così in basso
Hai preso i tuoi amici, raccolto i tuoi dischi e cambiato tuo il numero
Immagino che non ne ho bisogno comunque
Ora sei solo qualcuno che conoscevo
qualcuno
(che conoscevo)
qualcuno
(Ora sei solo qualcuno che conoscevo)