Il loro biglietto con data 11 si riferiva alla partenza da Kerkira e non da Patrasso. Ovvero la nave che stavano perdendo era quella che avrebbe dovuto portarle in Italia il giorno dopo. Infatti le tappe della nave erano le stesse dell’andata, solo al contrario: Patrasso, Igoumenitsa, Kerkira. Informatesi immediatamente se il giorno dopo ci fosse una nave, il comandante della nostra ci disse che l’unica che le avrebbe potute portare in Italia era una della Hellenic. Anna aveva paura della compagnia Hellenic, anche perchè un mese prima una era andata a fuoco. Si fidava solo di compagnie Italiane. Saltarono in macchina come delle gazzelle, per tornare all’Hotel, prendere le valige, la Lina e l’Annamaria e tornare per imbarcarsi con noi.
Nel frattempo, costernati e agitati, pregammo letteralmente comandante e hostess di ritardare la partenza, per dar modo a loro di imbarcarsi. Il comandante, gentilissimo e degno di rispetto, ci concesse 15 minuti ritardando quindi la partenza di altrettanti minuti.
Il traffico di Patrasso fu tiranno. Non fecero in tempo. Il comandante affranto, non poté che far chiudere il ponte di imbarco auto e far mollare gli ormeggi.
Mentre la nave si allontanava orizzontalmente dal porto, vedemmo la Fiesta rossa arrivare. Lina scese e correndo incominciò a gridare a squarciagola: ‘Guidooooo non mi lasciareeeeee’. La mia risposta a questa sua inaspettata reazione, fu quella, incoscientemente, di scavalcare la ringhiera per tuffarmi in acqua e raggiungerla, per fortuna Marco mi placcò dicendomi ‘arrovai ! statte accà, statte quieto, cercamm de nun fa strunzate’. Marco non parla mai in partenopeo se non quando deve dire una cosa serissima o spiritosissima. Le luci del porto si allontanavano inesorabilmente e il grido di Lina ripetutosi per almeno 50 volte, ormai giungeva ovattato. Non seppi mai se lo faceva perché il 12 doveva andare a lavorare in Lombardia, e quindi sperava in un mio miracolo, o perché effettivamente qualcosa di tenero era scattato nel suo cuore. Alla mia reazione, del quasi tuffo, Nello capì che io, Guido, era innamorato di un’altra donna e non più di sua sorella. Non proferì più parola per tutto il viaggio.
Ci fumammo una sigaretta tutti insieme, discutemmo un po’ sulla vacanza e io ancora più affranto, me ne andai a dormire.
Le salentine non erano stupide, io lo sapevo, dentro di me dissi, ‘La prossima tappa è Igoumenitsa, se trovano un traghetto che le porta dalla parte opposto del Peloponneso, attraversano il mare e incominciano a viaggiare di buona andatura, domani alle 7, si imbarcano su questa nave!’.
Mi sistemai nella cabina, mantenemmo le ‘configurazioni’ del viaggio di andata, gettai uno sguardo al lavandino nella stanza. Il viaggio sarebbe stato tranquillo dal punto di vista climatico, più tumultuoso dell’andata come stato d’animo, ma, malgrado ciò, mi misi a cercare l’hostess.
La trovai facilmente, il suo turno sarebbe terminato all’una di notte.
Parlammo tutti insieme della vacanza, tristi perché in vacanza si sta sempre bene ed è sempre corta. Gli impegni lavorativi, certamente non pesanti, non dovevano comunque essere disattesi. Un’ora dopo la mezzanotte, puntualmente mi incontrai con la hostess, si dimostrò affabile e simpatica, un pochino larga di fianchi, ma non troppo, ma aveva due occhi verdi smeraldo che non potevi non fissare. Parlammo della nostra vita, di quello che facevamo, se eravamo ‘impegnati’ e quant’altro. L’orario tardo, il viaggio alle spalle, quello che ci aspettava da Brindisi a Roma, furono elementi che non mi permisero di stare con lei tutta la notte. Scambiati i numeri del telefono, ci congedammo quasi come due vecchi amici. Mi sono dimenticato il nome, ma non il colore dei suoi occhi.
Dormii profondamente e alle 7:30 dell’11 ottobre mi svegliai di soprassalto con il rumore del ponte auto che veniva calato sulla banchina. Mi vestii di corsa, una sciacquata al viso rapidissima, e mi diressi a passo svelto verso la poppa della nave per vedere se la Fiesta rossa era lì in attesa per l’imbarco.
Guardai a di sotto, a destra, a sinistra, scrutai l’orizzonte. Nessuna traccia, nessuna auto rossa, niente di niente.
Pur non avendo fatto colazione, mi accesi la prima sigaretta della giornata, l’aria frizzante, il sole filtrato ancora dalle montagne circostanti, rendevano il mio stato d’animo, meno tormentato. Non mi capacitavo ancora di non averle trovate, di non aver rivisto ancora una volta Lina, con il suo radioso sorriso, la sua pelle abbronzata, la sua capigliatura leonina, schiarita ancor di più dai raggi solari che ci avevano interminabilmente accompagnato per tutta la vacanza.
Terminata la sigaretta, decisi, di prolungare il piacere momentaneo facendo la strada più lunga per ritornare in cabina. L’aria mi stava regalando degli attimi inaspettati di benessere prima, del viaggio di sette ore, che poteva essere noioso e stancante, sia per lo stato d’animo, sia perché su un traghetto, non c’e’ quasi mai nulla da fare. Anche l’hostess, mi avrebbe lasciato da li a breve, sarebbe sbarcata a Kerkira poco dopo.
Qualche secondo per orizzontarmi, intrapresi il corridoio scialuppe dove un’enorme porta automatica a vetri, mi avrebbe aperto la via per la cabina, che era da riassettare e da sgomberare prima delle dieci. A testa bassa e comunque distratto, vidi la porta scorrevole aprirsi davanti a me. Dalla parte opposta della vetrata c’era Lina, sorridente come non mai, che mi abbracciò e mi disse che viaggiarono tutta la notte per raggiungere il porto. Non avevo visto la loro auto, perché erano state le prime ad entrare.
Salutato i rimanenti membri del gruppo salentino, ‘catturai’ Lina e la portai sul ponte superiore dove iniziò un interminabile dialogo di 7 ore approfondito sulle nostre vite, senza segreti, senza remore senza filtri o inibizioni. Parlammo di tutto, dalle rispettive famiglie alle ex ‘compagnie’, dalla droga alle vacanze, dall’estetica all’astronomia, dal sesso alla religione, dalla cucina all’elettronica, discutemmo su tutto e di tutto due libri aperti sulle nostre vite.
Sentimmo entrambi il bisogno di andare in bagno una sola volta, non quello di mangiare, e di bere, parlando ininterrottamente, le sette ore volarono per entrambi.
Una cosa non mi chiarì, se la corsa sul molo gridando il mio nome, l’avesse fatto per farmi fare un tentativo disperato di fermare la nave o perché realmente gli dispiacesse di lasciarmi.
Arrivammo a Brindisi, scesi dalla nave mi diressi verso un bar per acquistare dei cioccolatini e per trovare un fiore da regalargli. Solo la cioccolata trovai, dopotutto era anche il giorno del suo compleanno.
Era arrivato veramente il momento di salutarci e con le lacrime agli occhi gli sussurrai ad un orecchio: Dammi tempo un mese per sistemare con la mia ragazza, poi ti vengo a prendere e ti porto da me.
Era scettica, pensava che non sarebbe stato cosi. Fugai ogni suo dubbio e la raggiunsi esattamente dopo un mese a San Benedetto del Tronto, dove lei insegnava per qualche giorno, estetica ad un gruppo di estetiste.
Dopo un anno e mezzo, esattamente il giorno che l’italiaparenti e amici festeggiavano noi, di sera all’Hotel Hyencos nelle vicinanze di Ugento. Quel giorno, Lina, divenne mia moglie. (fine)
Nel frattempo, costernati e agitati, pregammo letteralmente comandante e hostess di ritardare la partenza, per dar modo a loro di imbarcarsi. Il comandante, gentilissimo e degno di rispetto, ci concesse 15 minuti ritardando quindi la partenza di altrettanti minuti.
Il traffico di Patrasso fu tiranno. Non fecero in tempo. Il comandante affranto, non poté che far chiudere il ponte di imbarco auto e far mollare gli ormeggi.
Mentre la nave si allontanava orizzontalmente dal porto, vedemmo la Fiesta rossa arrivare. Lina scese e correndo incominciò a gridare a squarciagola: ‘Guidooooo non mi lasciareeeeee’. La mia risposta a questa sua inaspettata reazione, fu quella, incoscientemente, di scavalcare la ringhiera per tuffarmi in acqua e raggiungerla, per fortuna Marco mi placcò dicendomi ‘arrovai ! statte accà, statte quieto, cercamm de nun fa strunzate’. Marco non parla mai in partenopeo se non quando deve dire una cosa serissima o spiritosissima. Le luci del porto si allontanavano inesorabilmente e il grido di Lina ripetutosi per almeno 50 volte, ormai giungeva ovattato. Non seppi mai se lo faceva perché il 12 doveva andare a lavorare in Lombardia, e quindi sperava in un mio miracolo, o perché effettivamente qualcosa di tenero era scattato nel suo cuore. Alla mia reazione, del quasi tuffo, Nello capì che io, Guido, era innamorato di un’altra donna e non più di sua sorella. Non proferì più parola per tutto il viaggio.
Ci fumammo una sigaretta tutti insieme, discutemmo un po’ sulla vacanza e io ancora più affranto, me ne andai a dormire.
Le salentine non erano stupide, io lo sapevo, dentro di me dissi, ‘La prossima tappa è Igoumenitsa, se trovano un traghetto che le porta dalla parte opposto del Peloponneso, attraversano il mare e incominciano a viaggiare di buona andatura, domani alle 7, si imbarcano su questa nave!’.
Mi sistemai nella cabina, mantenemmo le ‘configurazioni’ del viaggio di andata, gettai uno sguardo al lavandino nella stanza. Il viaggio sarebbe stato tranquillo dal punto di vista climatico, più tumultuoso dell’andata come stato d’animo, ma, malgrado ciò, mi misi a cercare l’hostess.
La trovai facilmente, il suo turno sarebbe terminato all’una di notte.
Parlammo tutti insieme della vacanza, tristi perché in vacanza si sta sempre bene ed è sempre corta. Gli impegni lavorativi, certamente non pesanti, non dovevano comunque essere disattesi. Un’ora dopo la mezzanotte, puntualmente mi incontrai con la hostess, si dimostrò affabile e simpatica, un pochino larga di fianchi, ma non troppo, ma aveva due occhi verdi smeraldo che non potevi non fissare. Parlammo della nostra vita, di quello che facevamo, se eravamo ‘impegnati’ e quant’altro. L’orario tardo, il viaggio alle spalle, quello che ci aspettava da Brindisi a Roma, furono elementi che non mi permisero di stare con lei tutta la notte. Scambiati i numeri del telefono, ci congedammo quasi come due vecchi amici. Mi sono dimenticato il nome, ma non il colore dei suoi occhi.
Dormii profondamente e alle 7:30 dell’11 ottobre mi svegliai di soprassalto con il rumore del ponte auto che veniva calato sulla banchina. Mi vestii di corsa, una sciacquata al viso rapidissima, e mi diressi a passo svelto verso la poppa della nave per vedere se la Fiesta rossa era lì in attesa per l’imbarco.
Guardai a di sotto, a destra, a sinistra, scrutai l’orizzonte. Nessuna traccia, nessuna auto rossa, niente di niente.
Pur non avendo fatto colazione, mi accesi la prima sigaretta della giornata, l’aria frizzante, il sole filtrato ancora dalle montagne circostanti, rendevano il mio stato d’animo, meno tormentato. Non mi capacitavo ancora di non averle trovate, di non aver rivisto ancora una volta Lina, con il suo radioso sorriso, la sua pelle abbronzata, la sua capigliatura leonina, schiarita ancor di più dai raggi solari che ci avevano interminabilmente accompagnato per tutta la vacanza.
Terminata la sigaretta, decisi, di prolungare il piacere momentaneo facendo la strada più lunga per ritornare in cabina. L’aria mi stava regalando degli attimi inaspettati di benessere prima, del viaggio di sette ore, che poteva essere noioso e stancante, sia per lo stato d’animo, sia perché su un traghetto, non c’e’ quasi mai nulla da fare. Anche l’hostess, mi avrebbe lasciato da li a breve, sarebbe sbarcata a Kerkira poco dopo.
Qualche secondo per orizzontarmi, intrapresi il corridoio scialuppe dove un’enorme porta automatica a vetri, mi avrebbe aperto la via per la cabina, che era da riassettare e da sgomberare prima delle dieci. A testa bassa e comunque distratto, vidi la porta scorrevole aprirsi davanti a me. Dalla parte opposta della vetrata c’era Lina, sorridente come non mai, che mi abbracciò e mi disse che viaggiarono tutta la notte per raggiungere il porto. Non avevo visto la loro auto, perché erano state le prime ad entrare.
Salutato i rimanenti membri del gruppo salentino, ‘catturai’ Lina e la portai sul ponte superiore dove iniziò un interminabile dialogo di 7 ore approfondito sulle nostre vite, senza segreti, senza remore senza filtri o inibizioni. Parlammo di tutto, dalle rispettive famiglie alle ex ‘compagnie’, dalla droga alle vacanze, dall’estetica all’astronomia, dal sesso alla religione, dalla cucina all’elettronica, discutemmo su tutto e di tutto due libri aperti sulle nostre vite.
Sentimmo entrambi il bisogno di andare in bagno una sola volta, non quello di mangiare, e di bere, parlando ininterrottamente, le sette ore volarono per entrambi.
Una cosa non mi chiarì, se la corsa sul molo gridando il mio nome, l’avesse fatto per farmi fare un tentativo disperato di fermare la nave o perché realmente gli dispiacesse di lasciarmi.
Arrivammo a Brindisi, scesi dalla nave mi diressi verso un bar per acquistare dei cioccolatini e per trovare un fiore da regalargli. Solo la cioccolata trovai, dopotutto era anche il giorno del suo compleanno.
Era arrivato veramente il momento di salutarci e con le lacrime agli occhi gli sussurrai ad un orecchio: Dammi tempo un mese per sistemare con la mia ragazza, poi ti vengo a prendere e ti porto da me.
Era scettica, pensava che non sarebbe stato cosi. Fugai ogni suo dubbio e la raggiunsi esattamente dopo un mese a San Benedetto del Tronto, dove lei insegnava per qualche giorno, estetica ad un gruppo di estetiste.
Dopo un anno e mezzo, esattamente il giorno che l’italiaparenti e amici festeggiavano noi, di sera all’Hotel Hyencos nelle vicinanze di Ugento. Quel giorno, Lina, divenne mia moglie. (fine)
1 commento:
Questa storia è bella, sembra un film, come ho avuto modo di dirti in separata sede.
Che dire, dovresti depositare i diritti, perchè se qualche regista passa di qua utilizzerà il tuo racconto come sceneggiatura di un film...
Sembra di vedere qualcosa, non di leggere e basta.
Si sentono le tue emozioni, si percepiscono gli stati d'animo ...
le parti più belle:
1) quando lei urla il tuo nome dal porto...
2) quando tu sconsolato cerchi negli occhi verdissimi della hostess (dai larghi fianchi) qualcosa che possa lenire e allontanare la tua tristezza...
3) quando rivedi lei e poi ci parli per 7 ore di fila...
E poi tante altre parti.. però queste mi hanno emozionato tanto, forse perchè è in queste che magari le tue emozioni si percepiscono meglio.
Bacio grande
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