mercoledì 18 luglio 2007

La pesca Galeotta Parte 4

Dimitri personaggio piacente, parlava incredibilmente italiano e ci faceva mangiare con pochi soldi, tanto alla fine di giustificare la spesa in sole vezzosità tipo formaggi per qualcuno, salamini per qualcun altro e molta innegabile Nutella per uno solo di noi. Il Dimitri, come ricordo, era il cuoco, il cameriere, l’uomo dei vini. Ovvero il factotum del ristorante. Giustificava la mancanza di personale, (come che a noi desse fastidio), a causa della stagione ormai terminata. Spesso e volentieri, dopo cena, si metteva seduto accanto a noi e ci raccontava storie e aneddoti del posto. Purtroppo frugando nella mia mente, non ne trovo traccia. In effetti, la mia attenzione ormai era interamente catturata dalla salentina ormai abbronzantissima. Ricordo il particolare che Dimitri ormai, da vecchio conoscitore di turisti, spingeva sia lei che me a stare seduti accanto ed eravamo sempre i primi ad essere serviti. Il volpone consapevolmente, ogni volta mi spianava la strada e lo sguardo verso il Nello mi diceva che avevo via libera.
Molteplici scherzi caratterizzarono quella vacanza si tra il nostro gruppo che fra quello nostro e quello salentino. Lo scherzo della murena fu il più audace, infatti coricai la murena vicino la testa di Lina mentre dormiva e svegliandola di sobbalzo, si vide la faccia del serpente marino davanti i suoi occhi, si alzo di almeno 10 cm per lo spavento. Ovviamente, rassegnati, le canne da pesca servivano ormai per pescare dal piano di sopra ogni tipo di indumenti femminili stesi ad asciugare al sole.
Due incontri subacquei particolari, comunque ci furono. Il primo, che poi divenne compagno di vacanza, con un barracuda solitario, con un aspetto inquietante, ma non troppo visto che non era in branco. Il secondo con la murena assassina che voleva azzannare Marco.
Il signor barracuda, abbastanza grande, era l’abitante più illustre di quella baia, si aggirava indisturbato e consapevole delle nostre innocue intenzioni. Infatti sembrava sorridesse, dall’alto della sua incredibile velocità, quando qualcuno di noi provava a puntare una delle armi più cattive della nostra armeria, il fucile ad elastico da 120 cm con mulinello incorporato per la sagola della fiocina, riusciva ad spostarsi dalla parte opposta come ci avesse letto nella mente. Ci convincemmo che lo faceva veramente. Questo barracuda aveva il dono di sparire e riapparire in un batter d’occhio. Lo vedevi alla tua destra, sbattevi le palpebre nel fisiologico modo, stava già alla tua sinistra. Probabilmente era il guardiano del posto. Il suo occhio vitreo che guarda in ogni dove, meritava rispetto, tanto che ormai lo salutavamo quasi sempre ad ogni nostra immersione. Se non lo vedevamo, ci dispiaceva. Qualcuno di noi, ed anche io, eravamo consapevoli però che lui ci stesse osservando comunque. Non abbiamo mai azzardato a ‘tirargli’ anche perchè se lo mancavamo, avrebbe potuto chiamare i suoi amici e non ci sembrava carino essere il loro pranzo.
La murena assassina, probabile titolo di un film trash degli anni 70, era veramente cattiva. Dico era perché venne uccisa ma non troppo. Fu combattiva fino alla fine e anche su la spiaggia fu dura a morire. La vicenda della murena, scosse tutti quanti infatti, mentre eravamo a fare snorkling Marco davanti a noi, si affacciava, stando sottacqua, ad una scogliera piena di alghe, anemoni e ogni tipo di flora marina. Con la sua solita flemma, fece l’immersione perché attratto da un movimento nelle vicinanze di uno scoglio sommerso, ad una distanza di due o tre metri dalla parete rocciosa. La murena, infastidita, si staccò dalla tarpea rupe sottomarina e con fare inquietante si diresse verso il polpaccio di Marco. Nulla potevamo fare con le nostre armi ad elastico, potevamo rischiare di colpire il pesce Marco. Se la sbrigò egregiamente da solo. Incredibilmente come Clint Eastwood nel migliore dei film western, Marco estrasse la pistola di 30 centimetri ad aria compressa, equipaggiata con un tridente. Per sicurezza, per esperienza, non ultimo perché è un pescatore da scoglio, Submariner, portava sempre, questa pistola al polpaccio opposto a quello adocchiato dalla murena. Senza nemmeno prendere la mira, ruotando su se stesso, sparò senza esitazione colpendola alla gola, la quale con energia, incominciò a scodare. Un applauso subacqueo si levò all’unisono, o meglio, in silenzio, ci aspettavamo tutti che soffiasse sulla canna della pistoletta.
Venimmo poi a sapere che Marco la murena l’aveva vista e dall’alto della sua esperienza la stava ‘tracciando’ con la coda dell’occhio. Fu l’evento della giornata e via, tutti giù a farsi le foto con la preda ormai morente. Anche le salentine, accorsero e acclamarono con entusiasmo, un poco amplificato, la cattura della preda. Spesso si poteva ascoltare qualche commento ironico nei nostri confronti relativamente alla poca pesca. Nemmeno eravamo amici a momenti, già pretendevano che gli portavamo da mangiare a casa ;) eheheh.
I rapporti con Lina erano ormai abbastanza stretti, malgrado le avances fossero da parte mia fossero ormai pressanti, ne un effusione sentimentale, ne una confidenza sottovoce stavano caratterizzando il nostro poco remunerativo rapporto. I scherzetti infantili tra di noi venivano regolarmente effettuati, ma non presagivano una conoscenza ‘approfondita’ o qualcosa che potesse essere preludio e risoluzione di una particolare voglia.
Verso il tramonto, era solita fare delle passeggiate alla quali, prontamente mi offrivo di accompagnarla. Qualche corsetta era annoverata, ma forse più per farsi vedere atletica che per reale necessità.
La vacanza ormai volgeva al termine. In un tempo variabile di dodici, ventiquattro ore, ma prossimo, alle grandi partenze sia per andare o tornare dalle vacanze, mi prende, solitamente, una tristezza e nervosismo, che ormai, ma solo da qualche anno, riesco a controllare. Il cervello inizia a pensare alla preparazione dei bagagli, al viaggio, allo strapazzo dello scaricare l’auto, accompagnare o prendere eventuali compagni di viaggio, lo chiamo stress ante partenza. Stavolta questo stress sopraggiunse inaspettatamente con grande anticipo. Il pomeriggio dell’ultimo giorno di permanenza a Kardamili andammo a prenotare per tempo la cena, in modo da poter permettere al Dimitri di prepararci una cena abbondante, degna di un arrivederci a data da destinarsi. Rassicurandoci caldamente, ci disse di non preoccuparci ne sul contenuto, ne sul costo. Dopotutto l’inaspettato prolungamento di stagione, lo aveva entusiasmato, era diciamo, diventato un esterno del gruppo.
Il calar della sera, venne veramente presto. Il momento dei miei famosi ripensamenti, dei ‘se’ era arrivato. Non avevo, concluso nulla, avevo forse sbagliato tattica, ero stato troppo irruento, l’avevo pressata troppo? Avrei dovuto fare di più? Queste furono le mie domande prima di raccoglierci tutti quanti intorno ad una tavola imbandita di antipasti di mare. Di tempo per riflettere sulle strategie, rivelatesi errate, ne avevo avuto, infatti, mentre preparavo le mie valige, pulivo l’attrezzatura e caricavo l’auto, ero assorto in questa sorta di pensieri.
L’indomani sera, la nave per lo stivale, sarebbe partita da Patrasso con un passeggero triste e sconsolato.
La cena fu spettacolare, non di meno le prestazioni di tutti noi, chi scherzava e chi rideva, chi mangiava, chi stava bevendo come spugne. Vuoi per il vino, vuoi per l’atmosfera gioiosa che si era creata, non so come, raccontai barzellette ininterrottamente dalle ventitre alle due di notte. Non ricordo quante fossero, mi dissero più di duecento. Non ricordavo o meglio non sapevo di riuscire a ottenere una simile performance. Salutammo Dimitri, con la promessa di rivederci.La serata, o meglio la notte, grazie agli effluvi dell’alcool non mi diede a pensare troppo. La mattina partimmo subito dopo la colazione. Il commiato dai greci, fu educato e formale. Il viaggio di avvicinamento a Patrasso fu silenzioso e pensieroso per tutti, l’avvicinamento alla realtà lavorativa, incominciava a farsi sentire. Io guidavo il BMW silenziosamente e con un rimorso ancor più pesante visto che mi sarebbe piaciuto sentire una frase impossibile: ‘Guido… ti dispiace se vengo con te in macchina?’. Ciò, ovviamente, non avvenne. Arrivammo a Patrasso di sera, avevamo circa tre ore di anticipo sulle operazioni di imbarco. Qui ci saremmo dovuti dividere, infatti loro, avevano un biglietto con data partenza 11 Ottobre e non 10 come il nostro. Ci adoperammo tutti a trovare una sistemazione per le donne salentine. Trovammo un Hotel a circa cinque Km dal porto. La decisione di Lina di rimanere in Hotel, invece di venirci a dare un ultimo saluto al porto, come aveva scelto la leader e l’infermiera, mi lasciò di stucco. Ormai rassegnato la salutai e ci dirigemmo all’imbarco. Ci fermammo al tabaccaio per acquistare un congruo numero di pacchetti. Non mi azzardai a dire prendiamole sulla nave, ma lo avevo, malgrado tutto pensato. Provvidenziale fu l’anticipo, un traffico eccezionale, ci fece arrivare con un leggero ritardo rispetto al primo imbarco, (sono quelli che escono per primi solitamente), quindi imbarcammo le auto e rimanemmo sul pontile a chiacchierare tra di noi e le due superstiti. La partenza era ormai prossima, e una hostess della nave, piuttosto carina fece un incauto, (per lei), apprezzamento alle mie gambe. Il vuoto lasciato dalla salentina, senza cuore, fu per un attimo colmato da questa affermazione. Nel frattempo, mentre allaccio i rapporti di fratellanza e amicizia con la suddetta pipetta, niente male a dire il vero, qualcuno ci disse che era ora di partire. All’unisono un urlo inquietante di Anna e di Maria, catturò la nostra attenzione, più dell’imminente imbarco. (segue)

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