Questo post è il frutto di input differenti, il blog di "Stella" e una telefonata di un nipote, mi hanno spronato a scrivere in merito ai giochi che hanno accompagnato la mia infanzia.
Sarà disordinato nella cronologia, è scritto di pugno ed ora, è anche tardi, dopo una giornata faticosa. Forse lo sistemerò, forse no, chissà.
Scandagliando gli angoli più remoti della memoria, posso chiaramente ricordare il pallottoliere montato sul mio seggiolone, l’esatta sequenza di colori, mi è impossibile rammentarla, ma il numero delle bilie era cinque, che scorrevano su una asticella cromata con due supporti di plastica. Questo è stato sicuramente il mio primo giocattolo, da bambino senziente.
Scandagliando gli angoli più remoti della memoria, posso chiaramente ricordare il pallottoliere montato sul mio seggiolone, l’esatta sequenza di colori, mi è impossibile rammentarla, ma il numero delle bilie era cinque, che scorrevano su una asticella cromata con due supporti di plastica. Questo è stato sicuramente il mio primo giocattolo, da bambino senziente.
Qualche balocco sicuramente l’ho dimenticato, ma, ricevere giocattoli era alquanto sporadico e quindi hanno tutti generato felicità e qualche volta delusione, comunque sempre emozioni che lasciano uno strascico nella mente e talvolta nel cuore.
Voglio premettere che non ho mai avuto un pallone, sicuramente per scelta, non mi è mai importato giocare al calciatore. Mio padre tanto meno mi ha incitato. Soltanto una volta l’ho fatto, dopo una pessima performance da difensore (gli attaccanti erano i bambini più fichi), mi hanno sbattuto in porta. Un tiro solo in porta è bastato per avere come conseguenza, la rottura del polso destro. Frattura multipla scomposta. Due settimane in ospedale. Un mese con il gesso. Era l'nizio dell'estate. Il gesso rimosso tre giorni prima di andare a scuola. Se fosse stato durante l'anno scolastico, non mi sarei mai rotto un polso.
Il cattivo che tirò in porta non era un bambino, ma l’allenatore dei “Pulcini della Roma”. Ho raccontato, vantandomi, per quasi dieci anni che avevo giocato con questo allenatore “della Roma”, ed ero caduto sul campo respingendo comunque la palla sul bordo campo.
Il miei negozi di giocattoli, preferiti erano “Cimini” (vicino casa), e la “Galleria del '48”, storico negozio, non più esistente, (rimpiazzato da uno di abbigliamento), collocato all'angolo fra via De Pretis e Via nazionale (roma). Erano negozi chimera, il tempo di permanenza davanti alle vetrine durava forse uno o due secondi, mentre nei supermercati il tempo non finiva mai.
La "Galleria del '48", me lo ricordo come fosse oggi. Aveva dei giochi iperbellissimi, la pista delle macchine da corsa della Polistil, "occupa troppo spazio", la pistola che si illuminava,"ci giochi un pò e poi la lasci lì", le astronavi gigantesche che sparavano razzi, "i razzi vanno negli occhi".
Quando, raramente, si transitava lì davanti, la presa delle mani aumentava, e in proporzione, anche il passo. Forse era il negozio più costoso del mondo.
Voglio premettere che non ho mai avuto un pallone, sicuramente per scelta, non mi è mai importato giocare al calciatore. Mio padre tanto meno mi ha incitato. Soltanto una volta l’ho fatto, dopo una pessima performance da difensore (gli attaccanti erano i bambini più fichi), mi hanno sbattuto in porta. Un tiro solo in porta è bastato per avere come conseguenza, la rottura del polso destro. Frattura multipla scomposta. Due settimane in ospedale. Un mese con il gesso. Era l'nizio dell'estate. Il gesso rimosso tre giorni prima di andare a scuola. Se fosse stato durante l'anno scolastico, non mi sarei mai rotto un polso.
Il cattivo che tirò in porta non era un bambino, ma l’allenatore dei “Pulcini della Roma”. Ho raccontato, vantandomi, per quasi dieci anni che avevo giocato con questo allenatore “della Roma”, ed ero caduto sul campo respingendo comunque la palla sul bordo campo.
Il miei negozi di giocattoli, preferiti erano “Cimini” (vicino casa), e la “Galleria del '48”, storico negozio, non più esistente, (rimpiazzato da uno di abbigliamento), collocato all'angolo fra via De Pretis e Via nazionale (roma). Erano negozi chimera, il tempo di permanenza davanti alle vetrine durava forse uno o due secondi, mentre nei supermercati il tempo non finiva mai.
La "Galleria del '48", me lo ricordo come fosse oggi. Aveva dei giochi iperbellissimi, la pista delle macchine da corsa della Polistil, "occupa troppo spazio", la pistola che si illuminava,"ci giochi un pò e poi la lasci lì", le astronavi gigantesche che sparavano razzi, "i razzi vanno negli occhi".
Quando, raramente, si transitava lì davanti, la presa delle mani aumentava, e in proporzione, anche il passo. Forse era il negozio più costoso del mondo.
Vorrei spezzare una freccia nei confronti dei miei genitori, loro stavano costruendo casa, quella in campagna, il mutuo di quella di Roma era, per come ne parlavano, una spada di Damocle sulla loro, (e sulla mia), testa. I soldi servivano per comprare le tende per simulare una porta del bagno, un lucchetto per la porta di casa in legno da cantiere, le soglie in marmo per le scale.
Da nonna mai ricevuti regali in giocattoli, era al passo con i tempi, guidava la macchina e da impiegata statale era a reddito basso ma certo. Nonna mi regalava maglioni con addirittura l’etichetta dietro il collo con la scritta “fatto a mano da Nonna”.
Questi maglioni assolvevano il loro compito egregiamente, tenendomi caldo, anche dentro casa, funzionali, ma i colori, la grandezza della maglia, e non ultimo, la fattura artigianale, hanno suscitato ilarità in tutto il pubblico femminile e maschile delle scuole per circa tredici anni, e di certo non mi hanno aiutato. Allora andavano di moda le polo della “Sergio Tacchini” e i piumini della "Ciesse". Mai avuti. Da ciò si deduce che ce n’è voluta prima che avessi una ragazza al mio fianco.
Ho vissuto la mia infanzia, come i pari della mia età con giocattoli avulsi dall’elettronica di oggi, qualcuno è tutt'ora è un evergreen, tornando ciclicamente nei negozi, quelli di oggi sono veramente belli.
Papà mi regalò una macchina a pedali rossa assomigliava vagamente ad una Porsche cabrio, ci scorrazzavo per casa contentissimo. Forse perché ingombrava a casa, forse perché mia nonna si lamentava dei rumori, (abitava di sotto a noi), mi convinsero a regalarla ai “Bambini Poveri”, la regalai, con le lacrime agli occhi e malvolentieri.
Più di una volta ho invidiato i giocattoli dei compagni di scuola, le quali cartelle erano piene zeppe di macchinine, soldatini e carri armati e quant’altro. Purtroppo non sono nemmeno mai stato malandrino e scaltro, quindi mai appropriato di giochetti altrui. D’altrocanto un vantaggio rispetto ai ricchi ce lo avevo, innegabilmente, fare il check (prima di andar via), o tenere sotto controllo quelli miei per evitare che me li rubassero era cosa facile, ne avevo pochissimi. Quando qualche benevolo e generoso amico mi prestava i suoi, quell’attimo era più gratificante il possesso momentaneo che il giocattolo stesso.
Le macchinine, soprattutto quelle della Polizia erano le più ambite, mio zio più grande di me di circa undici mesi, ne aveva un fustino di detersivo stracolmo. Ricordate i contenitori cilindrici del Dash alti circa una cinquantina di centimetri ? Beh proprio quello. Immaginate quante ne aveva. Io una sola, era una Giulia 1600 TI Verdino scuro con la scritta 113 bianca e lo stemma di un commutatore telefonico, (quelli a cerchio con la cornetta sopra), sui lati. I sportelli apribili saltarono via subito, in seguito anche le luci posteriori, anche perché era una macchina della Polizia potentissima, saltava dappertutto, correva, volava, vinceva anche contro i carri armati, (loro erano di plastica e lei di ferro), e poi era l’unica, quindi unica.
I miei cugini materni, l’ala “ricca” della famiglia erano quelli che, (secondo mio padre), mi viziavano, regalandomi i carri armati di latta, quelli senza motori, (non c’erano i motori cinesi micronizzati), ma si muovevano grazie alla molla interna che si caricava con una chiavetta, la quale immancabilmente si perdeva. Ogni volta che andavo da loro, mi regalavano una giornata al Luna Park dell’EUR e Zio mi comprava lo zucchero filato (anche ora ne mangio tanto appena ne ho occasione).
Un'altra cosa che ho invidiato erano i soldatini piccolissimi dell'Airfix, io avevo quelli delle buste dove, maldestramente, erano mischiati cowboy, indiani, eserciti e carri armati. Mi sono sempre e comunque accontentato.
La fantasia, è fertile in ogni bambino, se poi stimolata per “esigenze” collaterali, mi ha portato ad “inventare” i giocattoli. I fucili ad elastico con la molletta dei panni, o un metro da muratore in legno erano le armi letali per le mosche il primo e per i spettri o soldati immaginari nemici il secondo. L’invenzione più bella, ancora presente in casa oggi, scaturì da un regalo inaspettato fatto da un’altra zia (sempre dell’ala ricca). Il regalo consisteva in un gioco di società tipo gioco dell’oca con un tabellone, dadi, carte fortuna/sfortuna e importantissimo dei volanti di cartone disegnati a mo’ di cruscotto con delle lancette di plastica che segnavano velocità giri e livello benzina. Si muovevano rigorosamente con le dita, ma erano ASPORTABILI. La chiave di tutto fu proprio questo. Visto che non era, diciamo un gioco di quelli ambitissimi e per giocare bisognava essere almeno in due, smontai accuratamente le lancette. Presi un quaderno a quadretti, disegnai dei “cruscotti di astronavi”, ci misi le lancette ed ecco qui una console di astronave bella e pronta, non ultimo la cloche di carta scorreva su due fessure incise consumando la carta con una penna, sui fogli di carta spillati insieme per dare spessore e resistenza alla struttura. Era la mia astronave portatile. La maestra delle elementari vedendo questo quaderno, lo portò dal preside, il quale si congratulò con me e lo fece vedere alle altre sezioni.
Ero il genietto della scuola.
Da qui coltivai la passione per le astronavi e per lo spazio, che sfociò dopo un regalo di un telescopio, nell’ancora attuale passione per l’astronomia.
La bicicletta modello "Graziella", quelle che si ripiegavano su se stesse per agevolare il trasporto, l'ho avuta a dieci anni, la marca era "Rally" e i primi posti nelle gare erano sempre miei, fino all'arrivo di Lorenzo, figlio di un politico riccone, che ne sfogiò una da corsa, con le ruote grandi quanto il mio ciclo. Era dura, ma una volta lo vinsi comunque. Stetti male di broncopolmonite sia per lo sforzo che per la sudata abbondante.
I trenini elettrici, ancora presenti in qualche scatolone in cantina, sono il mio tesoro, li conservo gelosamente. E’ un tesoro che si è incrementato negli anni, ogni natale ricevevo due o più vagoni e non spesso i locomotori e locomotive. Ogni tanto appena trovo occasione, me ne compro qualcuno.
Il monopoli, il master mind hanno accompagnato le sfide con i miei amici, non ultimo gli scacchi e la dama.
I giocattoli passando il tempo diventarono più evoluti e dopo un regalo di una Porsche della Burrago di ferro, con le ruote sterzanti e sia il vano motore che il portabagagli apribili, regalata all’età di otto anni, mi regalarono una autopompa dei vigili del fuoco filocomandata. Le pile duravano troppo poco ehm diciamo che non ce ne erano molte in casa.
I due unici giocattoli tecnologici, arrivati in tarda età furono l’UFO radiocomandato che alzava e abbassava le ali di plastica illuminandosi e il Genius il gioco che “sparava” sequenze irregolari di quattro colori che bisognava ripetere senza sbagliare, pena, ricominciare daccapo.
E’ pure vero che mi accontentavo di poco, un freesbie era il gioco da spiaggia, ma i più ricchi avevano il Going, quel gioco composto da un pallone simile a quello di rugby attraversato da due corde che terminavano alle estremità con delle maniglie. Tali maniglie dovevano essere “divaricate” per lanciare la palla contro l’avversario.
L’UFO l’ho regalato ad un collega di ufficio nel 1989. Il Genius capitolò in breve per il solito problema delle pile, scoppiarono e l’acido corrose tutto il circuito elettronico.
Lo spectrum Z80 fu il primo vero gioco tecnologico che ebbi, era un computer. Da lì un’escalation comprati con i miei soldi, facevo programmi. Non ho più giocato con i “giochi” ma solo con computer che ora mi danno da vivere.
I trenini elettrici, ancora presenti in qualche scatolone in cantina, sono il mio tesoro, li conservo gelosamente. E’ un tesoro che si è incrementato negli anni, ogni natale ricevevo due o più vagoni e non spesso i locomotori e locomotive. Ogni tanto appena trovo occasione, me ne compro qualcuno.
Il monopoli, il master mind hanno accompagnato le sfide con i miei amici, non ultimo gli scacchi e la dama.
I giocattoli passando il tempo diventarono più evoluti e dopo un regalo di una Porsche della Burrago di ferro, con le ruote sterzanti e sia il vano motore che il portabagagli apribili, regalata all’età di otto anni, mi regalarono una autopompa dei vigili del fuoco filocomandata. Le pile duravano troppo poco ehm diciamo che non ce ne erano molte in casa.
I due unici giocattoli tecnologici, arrivati in tarda età furono l’UFO radiocomandato che alzava e abbassava le ali di plastica illuminandosi e il Genius il gioco che “sparava” sequenze irregolari di quattro colori che bisognava ripetere senza sbagliare, pena, ricominciare daccapo.
E’ pure vero che mi accontentavo di poco, un freesbie era il gioco da spiaggia, ma i più ricchi avevano il Going, quel gioco composto da un pallone simile a quello di rugby attraversato da due corde che terminavano alle estremità con delle maniglie. Tali maniglie dovevano essere “divaricate” per lanciare la palla contro l’avversario.
L’UFO l’ho regalato ad un collega di ufficio nel 1989. Il Genius capitolò in breve per il solito problema delle pile, scoppiarono e l’acido corrose tutto il circuito elettronico.
Lo spectrum Z80 fu il primo vero gioco tecnologico che ebbi, era un computer. Da lì un’escalation comprati con i miei soldi, facevo programmi. Non ho più giocato con i “giochi” ma solo con computer che ora mi danno da vivere.
Tirando le somme, e inventariando tutti i giochi, che ho avuto, in realtà non è che ne ho avuti pochi, nemmeno molti.
Ora abbiamo più di una casa, quella in campagna è bellissima, gli amici miei ricchi ne hanno altrettante, ma non belle come le nostre. I miei mi hanno appena aiutato per la casa che ho, il mutuo lo pago lo stesso, fa bene alla vita, così dicono.
Più di una volta ho avuto la sensazione che quello che avevo non era mai il top, è per questo che oggi, ringraziando il cielo e i miei, che aspetto sempre di avere più liquidità per comprarmi l'apparato elettronico migliore, in modo da evincere, dalla brochure informativa, che la massima configurazione è quella che ho.
Più di una volta ho avuto la sensazione che quello che avevo non era mai il top, è per questo che oggi, ringraziando il cielo e i miei, che aspetto sempre di avere più liquidità per comprarmi l'apparato elettronico migliore, in modo da evincere, dalla brochure informativa, che la massima configurazione è quella che ho.
Tutti i giocattoli che avrei voluto avere li ho comprati e regalati ad un mio nipote, ora grande, che mi vuole un bene dell'anima, tanto bene che qualche volta mi ha chiesto, da piccolo, di essere il suo papà. Non si tratta di aver comprato il suo bene, si tratta di averlo fatto sentire, nella giusta misura, importante per qualcuno.
Questo forse è stato uno dei campanelli che mi ha fatto capire che non ero più bambino, visto che mi gratificavo più a regalare che a ricevere.
La mia Porsche giocattolo l’ho regalata a un mio nipote di cinque anni, senza vernice, si vede il metallo. Non c’e’ volta che lo sento che vuole sapere la storia della Porsche e a che età ci giocavo. La custodisce gelosamente. Ma non si capacita, secondo me, come un giocattolo abbia resistito 32 anni.
Quella vera, e non a pedali, è giù in garage.
4 commenti:
Mi sembra di rivedere la mia infanzia, seppur con qualche piccola differenza relativamente ai giocattoli, anche la storia dei maglioni grandissimi e non firmati mi ha fatto sorridere, perchè anch'io non ho mai avuto vestiti di marca da piccola.
Il finale, bello, meglio di così non poteva essere... come in una favola, dove, dopo tante peripezie, ..."vissero tutti felici e contenti" :-)
Bhè,forse essendo venuta al mondo per seconda ho potuto godere di qualche aevolazione in più rispetto a te. Sicuramente mi hai spianato la strada ma...anche i tempi erano diversi...ormai la casa di campagna era a buon punto e i sacrifici dei nostri genitori si erano dimezzati. Come te, anche io, se pur vago, ho un ricordo dei miei giocattoli ed in particolare di due. Da piccola non vedevo l'ora che arrivasse Natale per andare dagli zii e vedere sotto quell'albero gigante, adagiato all'angolo del salone, quelle mega bustone piene zeppe di regali. Proprio un natale di quelli mi arrivarono quei due giocattoli: ciccio bello nero e la casa di barbie. Barbie, che mito.....Quante volte ci ho giocato e che dispiacere vederla accantonata in cantina...La ricordo sempre con molto piacere ma anche con molta tristezza, visto che era stato il regalo del mio adorato nonno, venuto a mancare quando ancora ero piccola. Chissà ora quella casa sarà stata buttata dalle grandi pulizie che ogni tanto i miei genitori fanno.....
Anche se mi hai spianato il campo, non credere che mi è stato comprato sempre quello che mi piaceva: ricordo la sofferenza quando mamma non mi volle comprare il giubotto di pelle alla top gun o il giubotto all'americanino, che tu avevi. Anche io ho ricevuto tanti no. Mi rammento dell'Eur, ome te.......era solo lo zio Giò a portarci! Ogni volta che passo adiacente al luna park con papà, gli dico sempre:tu non mi ci hai mai portato.....e lui mi risponde, con un mezzo sorriso (forse perchè la stessa battuta gliela faccio ogni volta che passiamo di li: è vero che non vi ci ho mai portato, ma io stavo al lavoro per darvi tutto quello che ora avete! Bhè forse i bambini piccoli tante cose non riescono a capirle fino a quando non diventano adulti, ma ora guardandomi intorno posso dire che: è meglio avere avuto un giocattolo in meno ed un "no" di troppo, ma avere ora la serinità di una casa propria, il benessere di adesso. Mi guardo in giro e mi sento fortunata, oggi le mie amiche pagano il mutuo o un affitto, e noi no. GRAZIE MAMMA E PAPA'. Ora mi piacerebbe che i vostri sacrifici ve li godiate anche voi, ne avete tutto il diritto!
Purtroppo Orsissimo 67 rimango meravigliata che tra i tuoi giocattoli non hai mai citato il tuo orsachiotto turchese che se non ricordo male gli si era rotto un braccio, quello era come la tua copertina di linus...........
Gli orsi che mi hanno fatto compagnia durante la mia infanzia meritano un post tutto per loro, non sono annoverati nei giocattoli solo perchè non lo erano, erano fedeli amici e compagni della mia infanzia.
A proposito... io il mutuo lo pago ogni sei mesi e per altri 6 anni. ;)
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